Se la bozza della manovra economica che il Governo Renzi si presta a varare dovesse essere confermata, avremmo nel settore della sanità 7 mila nuovi posti di lavoro ma al prezzo di 1 miliardo di euro di tagli sempre nella sanità. In pratica in un paese con poco meno di 61 milioni di abitanti, si taglia un ulteriore miliardo di fondi in un settore già di per sé provato e abbondantemente lacunoso per creare 7 mila nuovi posti di lavoro, si 7 mila non 70 mila che come cifra forse reggerebbe un po\’ più il confronto. La sanità italiana ha abbondante bisogno di personale, medico e paramedico ma è più importante tagliarne i fondi in modo considerevole che aumentarne le assunzioni. Se questa è l\’Italia che avanza, un Italia \”eurodipendente\”, beh allora stiamo cominciando a preparare le fondamenta di cemento per annegare del tutto. Viva l\’Italia!
Manovra, attesa la bozza: 7mila assunzioni nella Sanità ma anche un miliardo in meno al fondo
Ultime limature in corso per la manovra da 24,5 miliardi che il governo si appresta a varare domani. E, sul fil di lana, la sanità spunta lo sblocco del turnover con la possibilità di 7 mila assunzioni di precari ma deve lasciare sul campo 1 dei 2 miliardi promessi di aumento del Fondo, che nel 2017 si fermerà a 112 miliardi.
LE COPERTURE
La nuova legge di Bilancio scommette su una crescita che, finalmente, il prossimo anno dovrebbe toccare l’1% tondo. Ma che dovrà, inevitabilmente, passare sotto la lente di Bruxelles visto il passo più lento del previsto sul fronte del risanamento dei conti. Il rapporto del deficit rispetto al Pil, infatti, oscilla tra il 2,2% e il 2,3% (rispetto al massimo di 2,4% di sforamento autorizzato dal Parlamento), ma non è escluso che l’asticella si possa fissare sul punto più alto della forchetta. Soluzione che renderebbe più agevole anche la chiusura del cerchio sulle coperture. Al momento mancherebbero infatti 3,5 miliardi, nel caso di deficit al 2,2%, mentre se si alzasse fino al 2,3% le risorse da trovare si ridurrebbero a un po’ più di un miliardo e mezzo che potrebbero arrivare da ulteriori tagli.
I CONTENUTI DELLA MANOVRA
La manovra gioca principalmente la carta degli investimenti pubblici e privati (da “Industria 4.0” ai bonus per le ristrutturazioni e la messa in sicurezza antisismica) per spingere il Pil. Strada indicata anche dalla Banca d’Italia perché, sottolinea nel Bollettino economico Via Nazionale, un ritorno «ai ritmi di investimento osservati prima della crisi» rafforza sia la ripresa ciclica sia «la crescita potenziale di oltre mezzo punto percentuale». Le coperture, indica sempre il Bollettino, meglio sarebbe trovarle in tagli strutturali della spesa pubblica. Proprio la spending review, peraltro, potrebbe lievitare rispetto ai 2,6 miliardi indicati dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nella tabella consegnata al Parlamento a inizio settimana. Per centrare l’obiettivo degli oltre 24 miliardi necessari per finanziare tutte le misure, infatti, il target dei tagli di spesa potrebbe aumentare, anche grazie alla riduzione (un mancato aumento, non un taglio vero e proprio) delle risorse a disposizione per la sanità. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha provato a difendere fino all’ultimo il livello del Fondo sanitario nazionale, (che doveva arrivare a 113 miliardi nel 2017). Risorse aggiuntive, in effetti, ce ne saranno, ma “solo” per 1 miliardo, con il quale fare fronte anche alla stabilizzazione di 3mila medici e 4mila infermieri (che già, comunque, sono una voce di costo per i servizi sanitari regionali).
IL REBUS CON L’EUROPA
Ci fosse stata la possibilità di fare più deficit la questione certo sarebbe stata più semplice ma, come ha ricordato ancora una volta il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, per avere più spazio per investire andrebbero cambiate «le regole del fiscal compact». Una partita complessa da non aprire certo ora, mentre si sta ancora trattando per ottenere il via libera europeo – o almeno una sospensione del giudizio fino a primavera – a usare più indebitamento di quanto già concesso (+0,4 già incorporato nel deficit programmatico al 2%). Invocando non più le clausole di flessibilità ma quelle sugli eventi eccezionali, come il sisma del 24 agosto e l’emergenza migranti, ancora tutta da risolvere.