Probabilmente alcuni di voi non conosceranno Don Aniello Manganiello e la sua storia, ma chi vive a Napoli, chi vive la Napoli difficile, quella fatta di emarginazione e di camorra, la conosce bene. E’ la storia di un parroco di periferia, Scampia, quartiere napoletano ad alta incidenza camorristica, un parroco come viene definito “anticamorra” che per sedici anni ha lottato sempre in prima linea contro la malavita, per gli indifesi e i “dimenticati”. Si proprio i dimenticati, quelli per cui lo Stato e le Istituzioni poco o niente fanno. Don Aniello per sedici anni ha lottato a testa alta e senza paura quella camorra temuta da tutti, quella camorra temuta anche dalle Istituzioni e in alcuni casi anche dalle Forze dell’Ordine. Lo ha fatto al fianco delle Associazioni spesso soffrendone insieme per il duro e difficile lavoro sociale e culturale da svolgere, con i “suoi bambini”, come li definisce lui, dell’opera Don Guanella. Tanto impegno, tanto sforzo sino allo scorso 10 ottobre, giorno dell’ultima celebrazione della messa ai suoi parrocchiani del rione Don Guanella di Scampia, una messa commovente, partecipata e vissuta con la consapevolezza di una sconfitta Sociale, perchè per la Chiesa un prete anticamorra è scomodo e come tale va’ “punito” e pertanto trasferito. Durante la sua omelia Don Aniello, nonostante più volte fosse stato interrotto dai suoi fedeli con grida e applausi, ha usato parole dure contro la Chiesa e le Istituzioni chiedendo pubblicamente una maggiore attenzione nella lotta alla criminalità, «…avrei voluto la solidarietà delle altre parrocchie, invece di sentirmi dire che ero scomodo o fuori dal coro. Tutto questo mi ha amareggiato», ha poi proseguito dicendo «…mi sento violentato psicologicamente per un trasferimento che mi impedisce di proseguire un percorso». Prima di salutare, i suoi pensieri sono stati per chi, durante questo suo percorso, si è convertito come l’ex boss della camorra Tonino Torre: «…saranno i tizzoni di fuoco che porterò con me per riscaldarmi quando sentirò freddo. Oggi mi commuovo quando lo vedo pregare in chiesa e arrangiarsi con lavori umili per pochi soldi…». La celebrazione si è poi conclusa con cinque lunghissimi e commoventi applausi. Don Aniello è stato trasferito a Roma perchè troppo scomodo, scomodo per una chiesa troppo spesso bigotta e assente e non sempre a favore dei più deboli. Per le mafie quando qualcuno diventa scomodo viene ucciso fisicamente, per le Istituzioni, per la Chiesa quando qualcuno diventa scomodo viene ugualmente ucciso, viene ucciso con una morte civile, nell’animo, talmente dura e sofferente da rimpiangerne quella fisica. Grazie Don Aniello, grazie per tutto quello che ha fatto e per quello che continuerà a fare anche se in un contesto diverso da quello di Scampia, un grazie sentito da Pino Masciari e da tutti gli Amici di Pino Masciari! Tommaso C. – Blog degli Amici di Pino Masciari