Fonte: Gazzetta di Parma – Margherita Portelli
È una delle personalità più esposte nella lotta alla ‘ndrangheta ma dice di sé che se non fosse nato nella sua famiglia, probabilmente oggi sarebbe un capomafia. Onestà e umiltà gli sono valse una scelta: quella giusta. Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica al Tribunale di Reggio Calabria è uno dei più noti magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Dall’89 vive sotto scorta: i suoi «gorilla» non l’hanno mollato un minuto nemmeno ieri, quando è intervenuto con Antonio Nicaso, giornalista e scrittore tra i maggiori esperti di ‘ndrangheta a livello internazionale, nell’incontro «La giustizia è una cosa seria», organizzato al Bodoni dall’Ufficio scolastico territoriale di Parma.
La mafia che «flirta» con il potere politico, che si mimetizza nella società e che si trova di fronte a porte troppo spesso lasciate aperte: di questo si è parlato nel convegno cui hanno assistito i ragazzi degli istituti Bodoni, Albertina Sanvitale, Toschi e Convitto Maria Luigia. Ma anche di giustizia, di cambiamenti necessari e di altri rischiosi, di un risveglio collettivo che non può più essere rimandato.
Dopo i saluti della dirigente scolastica della scuola ospitante Luciana Donelli e del dirigente dell\’Ufficio scolastico provinciale di Parma Armando Acri, e a seguito degli interventi delle istituzioni – il prefetto Luigi Viana, l’assessore provinciale Marcella Saccani e il delegato del sindaco Ferdinando Sandroni -, i due protagonisti del dibattito, intervistati dalla giornalista Roberta Mani, hanno avuto modo di confrontarsi con gli alunni.
«Se gli uffici giudiziari fossero un’impresa privata, domattina saremmo tutti falliti – ha dichiarato Gratteri –. La giustizia italiana, per poter combattere le mafie, per abbattere costi e tempistiche, oggi, ha bisogno più di ogni altra cosa dell’informatizzazione dei processi penali». Le intercettazioni? «Il metodo più economico e garantista per l’acquisizione delle prova». Mentre sulla riforma della giustizia, ha spiegato: «Il governo Berlusconi ha fatto più di quello Prodi per la lotta alla mafia, ma se dovessero passare alcune delle normative di cui si sta discutendo in questi giorni, sarebbe la fine».
La mafia ci riguarda tutti: «I mafiosi oggi saccheggiano il sud e investono al nord – ha spiegato Nicaso –, perché il loro interesse è mantenere la popolazione del sud in uno stato di necessità che agevoli lo scambio di favori per voti. Qui al nord è diversa, forse è meno visibile, ma c’è e non bisogna ignorarla. È compito di tutti iniziare a chiudere quelle porte che le mafie trovano aperte. Lo dobbiamo fare con impegno e responsabilità. La lotta passa per la scuola, ed è alimentata dalla condivisione e dal rispetto delle regole».
Perfettamente d’accordo!