Nelle scorse settimane la Direzione investigativa antimafia ha battuto a tappeto molti bar piemontesi in odore di copertura di capitali mafiosi, alla ricerca delle slot machine scollegate dalla rete telematica gestita dalla Sogei. È solo l\’ennesima battuta di \”caccia\” degli investigatori alla ricerca del nuovo filone d\’oro delle mafie: scommesse e gioco illecito online. Una battuta in cui caccia anche la Guardia di finanza: lo scorso anno ha riscontrato 6.095 violazioni, sequestrato 3.746 videogiochi, chiuso 1.918 punti di raccolta scommesse e sequestrato oltre 2 milioni.
Gocce nell\’oceano, ma lo Stato si attrezza per reggere l\’urto. A disposizione dello Scico, il Servizio centrale d\’investigazione sulla criminalità organizzata della Gdf e delle articolazioni territoriali dei Monopoli di Stato, è stata ora messa a disposizione una banca dati che consente il monitoraggio online di anomalie gestionali dei giochi, sintomatiche di un possibile utilizzo di sistemi fraudolenti di occultamento dell\’effettiva raccolta degli apparecchi. A renderlo noto è stato lo stesso Scico nel corso dell\’audizione del 24 febbraio presso la Commissione parlamentare antimafia che sta indagando a fondo sul riciclaggio delle mafie nel settore.
«Il sistema è fuori controllo – spiega il senatore Luigi Li Gotti, coordinatore del comitato antiriciclaggio – visto che le macchinette in funzione illegalmente sarebbero almeno 200mila. Senza contare i cosiddetti magazzini virtuali». Ogni apparecchio dotato di nulla osta per la messa in esercizio e non ancora collegato alla rete telematica dovrebbe essere obbligatoriamente collocato in magazzino. La Sogei ha scoperto che un concessionario in provincia di Catania avrebbe immagazzinato in un esercizio pubblico circa 27mila apparecchi. Tutti insieme e nello stesso giorno.
Più si punta e più rende. Cifre pazzesche, sempre più alte. Li Gotti prova a quantificarle. «Il mercato parallelo del gioco illegale – dichiara – vale almeno 30 miliardi e anche la Guardia di finanza informalmente parla di questa cifra». Il business per le mafie è dunque pari alla metà delle entrate da scommesse e giochi legali. Nel 2010 il settore legale – che dà lavoro a 5mila aziende e 120mila addetti – ha raccolto infatti 61,4 miliardi, il 13% in più dell\’anno precedente. Una cifra che equivale al 4% del Pil italiano o, se si preferisce, che è pari alla somma del debito finanziario dei Comuni a fine 2010. Il 52% delle entrate proviene dagli apparecchi. Il resto è frazionato tra lotterie, lotto, vari giochi di abilità, bingo e ippica.
Gli importi delle giocate legali vengono in parte restituiti ai clienti sotto forma di vincite, mentre il resto viene ritirato periodicamente dal gestore. Le somme ritirate devono in parte essere riversate al concessionario che, oltre al suo agio, incassa anche gli importi a titolo di prelievo erariale, che poi è tenuto a riversare all\’amministrazione dei Monopoli. Il residuo, al netto della remunerazione per l\’esercente, costituisce il profitto del gestore.
È evidente che tutto il sistema d\’imposizione fiscale si basa sulla corretta operatività della rete telematica che garantisce ai Monopoli di verificare che le somme versate a titolo d\’imposta corrispondano al volume delle giocate. «Conseguentemente sono numerosissime le condotte criminali finalizzate ad alterare i flussi di comunicazione sui dati di gioco – afferma il sostituto procuratore nazionale antimafia Diana de Martino – dalle macchinette al sistema di elaborazione del concessionario, oppure intervenendo direttamente sui contatori per ridimensionare l\’entità dei dati di gioco. In tal modo la criminalità si appropria sia degli importi che dovrebbero essere corrisposti ai Monopoli a titolo d\’imposta sia dell\’agio del concessionario, che è ovviamente proporzionale al volume delle giocate».
Ma c\’è chi offre un\’angolazione diversa: Massimo Passamonti, coordinatore dell\’area giochi di Confindustria servizi innovativi e tecnologici. «Le macchine legali in funzione sono circa 300mila – afferma – e bucarne la rete è impossibile. È invece possibile violare le smart card nelle macchine illegali. Ed è lì che le mafie s\’insinuano e speculano». Contrastare le mafie è difficilissimo anche per le proiezioni internazionali dei clan in azione, dai Casalesi a Cosa Nostra, passando per la \’ndrangheta e la Sacra corona unita. La spregiudicatezza non si arresta alle Alpi, e nel mondo – soprattutto nell\’Est Europa e nei paradisi fiscali – sono molte le società costituite ad hoc per gestire il business senza cavilli burocratici e controlli.
Nell\’ordinanza del 12 maggio 2010 emessa dalla Procura di Napoli su un cartello di Casalesi che operavano nel gioco illecito, si legge che «non si tratta, invero, di soggetti vicini ad ambienti di camorra e che prestano il fianco al tipico agire estorsivo e/o omicidiario, ma imprenditori o “paraimprenditori” che hanno saputo, per così dire, guardare lontano, hanno allargato gli orizzonti del business, estendendo l\’ambito dei loro “affari” oltre regione se non oltre nazione… Non ci si trova davanti alla rozza, tradizionale pratica estorsiva, qualificata dall\’aggressione diretta all\’impresa e/o al commerciante preso di mira, bensì all\’occupazione d\’interi spazi economici, in partecipazione occulta con la costituzione di imprese “pulite”, secondo una precisa logica di scambio».
di Roberto Galullo (Il Sole 24 Ore)