Pubblichiamo di seguito il tema di una studentessa, Sara del Liceo Marie Curie di Collegno (To), riguardante la settimana di autogestione che ha visto fra gli incontri anche quello con Pino Masciari.
“Qual è il senso della vita, o della vita organica in generale? […] Io rispondo che l’uomo che considera la propria vita e quella delle creature consimili priva di senso non è semplicemente sventurato ma quasi idoneo alla vita.[…] Ognuno di noi è qui per un breve soggiorno; non sa per quale scopo, sebbene talvolta pensi di percepirlo…” di Albert Einstein in “Il mondo come io lo vedo”.
Molti uomini d’oggi tendono a cercare un “perché” della loro esistenza; altri diventano dei veri e propri “eroi”, perché lo scopo della loro vita l’hanno trovato. Sacrificano se stessi, la loro vita e quella della loro famiglia per fare ciò che ritengono giusto, al costo di mettersi anche, ad esempio, contro un mostro dalle mille facce che ha più tentacoli di un polipo: la mafia. La testimonianza di Pino Masciari è stata per me molto significativa, perché grazie alle sue parole mi ha aperto gli occhi su un mondo che avevo visto solo nei libri. Con il suo discorso ho percepito la grandezza di una vita che va oltre la paura e l’omertà, per difendere i propri valori e le proprie idee.
La mafia sul dizionario italiano appare con un duplice significato: “miseria” e “prepotente”. La mafia di chi crede valga esclusivamente la legge del prepotente. Quest’ultimo è una bestia, perché solo tra le bestie vige la legge della presa al potere del più forte. Questi sono peggio degli animali perché gli animali uccidono per fame o per istinto, ma queste “bestie” pensano ed agiscono per interesse.
Pino Masciari ci ha raccontato la sua vita con le lacrime agli occhi: era un imprenditore calabrese che nella vita aveva tutto, il denaro e gli affetti, ma che in un attimo ha visto crollare davanti a sé tutto ciò per cui ha lottato. E’ stato lasciato da solo anche dalla giustizia, quando ne aveva più bisogno. Ha messo in pericolo la sua famiglia per aver detto “no” alla mafia dopo l’ennesima richiesta del pagamento di un pizzo. Ed è proprio perché è stato costretto a confinare nell’oscurità i suoi due figli per proteggerli, ci ha insegnato a non aver paura, a non arrendersi di fonte alle difficoltà. Ci ha trasmesso la volontà di dire “no” anche nel nostro piccolo di fronte all’omertà e quindi denunciare tutto ciò che noi non riteniamo giusto.
Quello che mi ha colpito di più è la solitudine in cui è costretto a vivere, abbandonato da tutti, anche da amici che per paura gli hanno voltato la faccia considerandolo un seccatore, non capendo che quello che faceva sarebbe dovuto servire per migliorare anche la loro vita e quella dei loro figli. Sicuramente ognuno di noi nel proprio piccolo può far molto per creare un paese in grado di accogliere questi “eroi”, valorizzando le loro imprese e soprattutto non dimenticando e tenendo vivo il loro ricordo. Forse se anche i nuovi mezzi di comunicazione fornissero notizie ed esempi positivi in grado di spronare le persone ad agire nel rispetto degli altri, credo che si riuscirebbe ad essere “uomini migliori”.