“Io non dovrei essere qui, io sono un imprenditore”. È questo che Pino Masciari ha sottolineato nel corso del suo intervento nel pomeriggio di ieri.
L’inizio è stato forte. Uno dei presentatori l’ha annunciato definendolo “collaboratore di giustizia”, innescando una reazione intensa in Pino, che ha subito strappato di mano il microfono per spiegare a gran voce la differenza tra lui, un imprenditore che ha denunciato l’ndrangheta, e un collaboratore di giustizia, cioè un pentito di mafia. Subito la tensione si è impadronita della sala.
Ma era tensione viva, forte, tensione di una narrazione in cui sono emersi particolari toccanti che impongono immediatamente mille dubbi mille spunti di riflessione.
“Non l’ho fatto solo per i miei figli, ma l’ho fatto anche per voi”, ha rimarcato. Si legge nei suoi occhi, nei suoi gesti e nelle parole, una grande forza e un grande coraggio, che testimoniano la sua volontà e il suo impegno a favore soprattutto dei più giovani, ai quali vorrebbe restituire i sogni e dare un futuro migliore.
Quello che in generale ha stupito di più è come all’inizio delle sue vicende, lo Stato sia stato incapace di garantire un’adeguata protezione a una persona onesta e attenta alle leggi. In una democrazia, infatti, ogni cittadino dovrebbe avere la possibilità di denunciare senza temere ripercussioni o senza essere costretto ad abbandonare la propria terra.
Infatti Pino si autodefinisce “deportato ed esiliato”.
Nell’incontro di oggi, a cui hanno presenziato anche delle scolaresche, si è riproposto un momento emozionante. Molti si sono comossi insieme al protagonista, durante il ricordo dell’incontro, avvenuto dopo dieci anni, tra Pino e la madre. Tutti hanno avuto l’impressione di avere di fronte un uomo coraggioso che ha sacrificato tanto, sempre supportato dalla sua famiglia.
Un ultimo invito che Pino lancia, quasi come provocazione, è l’impegno sia pratico sia morale, che da ora in poi tutti dovremmo applicare. “Noi abbiamo fatto la nostra parte, adesso tocca a voi”.
di Roberta Cocco, Stefania Marotta, Elisa Silvestrin (tratto dal sito \”Le voci dell\’inchiesta 2011\”)