\"\"Un’agenda zeppa di nomi, cognomi e cifre a tre e quattro zeri. E soprattutto numerosi assegni, ritrovati nella casa di Filippo Spirlì e della moglie Angela Versace, e non ancora versati in banca. Sono questi gli elementi dai quali riparte l’indagine dei carabinieri, all\’indomani del clamoroso blitz nei vicoli di Ventimiglia alta, che l\’altra mattina all\’alba ha portato in carcere 11 persone (un dodicesimo, tunisino, è ricercato) e messo con le spalle al muro una trentina di altri indagati, accusati a vario titolo di spaccio di droga, detenzione di armi e soprattutto usura ed estorsione.

Una cricca di malviventi legati a doppio filo tra di loro da una serie di elementi: la comune provenienza calabrese, spesso con legami con la ’ndrangheta, la residenza o la frequentazione del centro storico ventimigliese, l\’amicizia con quelli che, a torto o ragione, ormai tutti consideravano i “capi” della città vecchia. Andavano platealmente insieme a passeggio per i vicoli Filippo Spirlì, Pino Gallotta, Rocco Asciutto. Il quale, il suo nome, notissimo nei rapporti della direzione distrettuale antimafia che rimanda tristemente alla feroce faida di Taurianova, lo faceva pesare parecchio anche tra i caruggi del borgo medievale.

Un contesto esplosivo, dal quale i carabinieri di Ventimiglia, prima, e poi i colleghi del nucleo investigativo del Comando provinciale hanno preso le mosse per smantellare un sistema di potere, intimidazioni e violenze di cui ad oggi è emersa solo una minima parte. Ma anche per avviare la clamorosa indagine che ha portato all\’arresto del presidente del tribunale di Imperia, Gianfranco Boccalatte e del suo autista, Giuseppe Fasolo, il cui nome è emerso in numerose telefonate tra i componenti della banda.

E ora? Siamo solo all’inizio, assicurano gli investigatori. E si comprende subito che non è una battuta. Solo dalla prima fase delle indagini è emerso che i commercianti ventimigliesi succubi degli strozzini, che non esitavano a minacciare, picchiare, intimidire con sistemi mafiosi le proprie vittime erano almeno una decina.

Questa, si dice, è solo la punta dell\’iceberg. Uno solo di loro ha denunciato ufficialmente gli abusi, i pestaggi, le intimidazioni alle quali è stato sottoposto davanti a moglie e figli. Ed è un particolare che, se ancora ve n\’era bisogno, la dice lunga su quale sia il clima, il contesto, la cultura in cui si trovano ad operare gli inquirenti ventimigliesi.

Ma la cupola si è incrinata. E si aspetta ora un vero e proprio effetto domino, che potrebbe portare ad allargare, oltre alla rosa delle vittime anche quella dei complici. In quell\’agenda, sequestrata nella casa di Spirlì ed in quegli assegni non ancora versati, c\’è un piccolo mondo d\’angoscia. La disperazione di chi si trova con un debito al quale non sa come far fronte. E, respinto dalle banche, è costretto a rivolgersi agli “amici degli amici”. In pratica, in un ingorgo infernale dal quale è praticamente impossibile uscire.

E da qui si riparte anche per rileggere quegli strani incendi che negli anni passati hanno sconvolto Ventimiglia. Gli strani roghi di vetture e camioncini, sino alle devastazioni subite dai locali pubblici. Avvertimenti per indurre a trovare altro denaro o veri e propri segnali per gli altri debitori, in una logica di terrore e disperazione. E, si è visto ancora una volta, purtroppo, anche di omertà.

tratto da Il Secolo XIX

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