I ragazzini, se vogliono, sanno essere molto crudeli. Sanno come farla pagare a chi considerano \”diverso\”, rendendo la vita del malcapitato di turno un vero inferno. Anche una semplice giornata scolastica può trasformarsi in supplizio, specialmente nelle scuole del profondo Sud dove a prevalere è la legge del bullo. Giuseppe Martera, giovane tarantino di 13 anni e già con una vita profondamente segnata da una malformazione congenita, ha dovuto a lungo subire un simile destino nella sua classe. La sua colpa, là dove quasi tutti i bambini sognano di fare da grande il boss, è quella di voler diventare invece un giudice.
Le rappresaglie sono state continue ed odiose: \”testa storta\”, \”infame\”, fino a far seguire alle offese ben altra lezione. Una giornata come tante in classe, gli insegnanti in quel momento assenti e i bulli fanno uno scherzo di cui il ragazzino porterà le conseguenze per lungo tempo. Mentre stava per sedersi tolgono la sedia e lo fanno cadere. Solo che nel suo caso quella caduta significa atroce sofferenza fisica, perchè Giuseppe è costretto a convivere col dolore fin dalla nascita, quando subì un intervento chirurgico nel tentativo di correggere un difetto radico-cervicale. Nella sua giovane vita ha già collezionato quattro operazioni, di cui due al cuore. Ma il dolore fisico non ne ha piegato la forza morale, non gli ha rubato il sorriso convinto com\’è che la sua disgrazia sia un dono del buon Dio per uno scopo ben preciso.
I suoi occhi brillano di un\’intelligenza assai vivace, ma essere intelligenti è a volte una colpa ancor più grande di un \”banale\” difetto fisico e può rendere amarissimo il quotidiano. \”Quando mi hanno fatto cadere – ricorda Giuseppe intervistato da un cronista locale – mi sono sentito male, poi un ragazzo mi ha detto: \’Adesso ti mettiamo su You Tube!\’. Ma perché?, ho chiesto io, perché volete farmi questo?\”. E allora la sua decisione impegnativa l\’ha presa una domenica, chiedendo con la sua vocina piena di speranza al giornalista al telefono: \”Mi potete pubblicare una poesia? È sul mio quartiere, un quartiere da cui me ne voglio andare, che voglio lasciare perché non c’è speranza\”.
Parole pesanti da pronunciare a soli 13 anni, quando forse non si è più bambini, ma di certo non si è ancora adulti. Ma come si fa a non comprenderle? A scuola ogni ragione era buona per perseguitarlo. Da quel giorno in cui nella sua classe rivolsero a tutti la fatidica domanda: \”Cosa volete diventare da grandi?\”. Mentre la maggior parte non ha esitato a dire \’Vallanzasca\’, lui ha invece risposto che vorrebbe fare il giudice, per portare giustizia nel suo quartiere. Un sogno diventato motivo di ritorsione, ma mai venuto meno. E anche se continuano a chiamarlo \’infame\’, e a prenderlo fisicamente di mira in modo vile sapendo che lui non può difendersi, Giuseppe risponde col coraggio dell\’anima e affida il suo dolore a dei versi straordinari: \”Qui dove chi spara è forte e chi è onesto è stupido, dove gli idoli dei ragazzi sono Riina e Provenzano. Dove i ragazzi sono già adulti a 12 anni\”. Ragazzi la cui adolescenza è sistematicamente violata, con spose e mamme bambine e ragazzini reclutati per spaccio e furti.
E\’ necessario imprimere una svolta, provare a cambiare le cose. E proprio la scuola, nei territori di frontiera non soltanto del Sud, sta provando a farsi roccaforte della legalità. Tuttavia non è semplice far germogliare il seme della civiltà nel deserto morale e culturale in cui sono costretti a vivere tante giovani vite, trascorrendo giornate sempre uguali e permettendo alla rabbia e alla frustrazione di prendere il sopravvento. Per questo Giuseppe \’vuole andar via\’, vuole fuggire dove sarà rispettato per ciò che ha dentro e non deriso per come è fuori. Sì, meglio andarsene. Perché, come chiude nella sua poesia: \”Un giorno Dio toglierà il supplizio e metterà le aureole\”.
E quel giorno lui forse sarà pubblico ministero. Futuro collega del Pm di Bari che, colpito dalla sua triste vicenda, gli ha scritto una lettera invitandolo a trascorrere nella Procura del capoluogo pugliese una giornata particolare, bissando un\’analoga esperienza vissuta in primavera assieme ai Finanzieri del Comando provinciale di Taranto e che non potrà mai dimenticare. Il giudice di oggi e quello di domani hanno concluso il proprio incontro da protagonisti, ospiti di un convegno organizzato dal Centro di documentazione per la legalità dedicato alla memoria di Antonino Caponnetto e svoltosi proprio dentro una scuola, per affermare una volta di più che contro l\’illegalità e il malaffare, contro i soprusi e la barbarie il silenzio non serve, e per stimolare tutti i cittadini a opporsi alle mafie.
tratto da Agoravox.it
Sono certa che questo ragazzino diventerà un grande uomo
E dà a tutti noi speranza