Il ferragosto di quattro anni fa la strage di Duisburg, in Germania. Fu il momento più alto della faida di San Luca che per anni ha visto contrapposta la cosca dei Pelle-Vottari con quella dei Nirta-Strangio. Sei le vittime stese davanti il ristorante da Bruno.
Ogni anno è buono, per i media, per fare un punto della situazione. Ebbene, è giusto ricapitolare partendo da tre certezze: la polizia federale tedesca, Bka, nonostante l’aiuto dato, con mille difficoltà, alle autorità italiane, si è fermata al 2009. Anno in cui aiutò la Procura di Reggio Calabria a effettuare una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche utilissime per ricostruire la struttura della ‘ndrangheta in Germania. Basta visitare – come ho fatto oggi – il sito della Bka per capire che la ‘ndrangheta è, almeno apparentemente, scomparsa dai radar della polizia tedesca.
La seconda certezza, paradossalmente, è proprio il fatto che le cosche in Germania sono sempre più forti e hanno capi e capitali.
IL PROCESSO IN ITALIA
Partiamo dall’ultima certezza, la terza: lo stato del processo in Italia. La Corte d\’Assise di Locri, presieduta da Bruno Muscolo, il 12 luglio di quest’anno ha condannato Giovanni Strangio alla pena dell\’ergastolo per la strage. In tutto sono otto (rispetto ai 9 richiesti dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria) gli ergastoli decisi dai giudici nell’ambito del processo Fehida che riguarda la faida tra le cosche di San Luca.
Carcere a vita anche per Francesco Pelle, soprannominato Ciccio Pakistan, Francesco Vottari, Sebastiano Vottari, Sebastiano Romeo, Francesco Nirta, Giovanni Luca Nirta e Giuseppe Nirta.
Assolto invece, nonostante la richiesta dell\’ergastolo, Sebastiano Strangio. Stessa decisione per Luca Liotino, per il quale la Dda aveva chiesto la condanna a 15 anni, e Antonio Rechichi per il quale la stessa Procura aveva invocato l\’assoluzione. Condannati a 9 anni Antonio Carabetta e Sonia Carabetta, per i quali la Procura aveva chiesto 18 anni di reclusione, e a 12 anni Antonio Pelle (18 la richiesta della Procura).
\”Dal risultato dall\’istruttoria dibattimentale è emersa tutta la ferocia, la violenza e la personalità degli imputati\”, ha spiegato il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, nel commentare la sentenza. Il magistrato ha riconosciuto \”il lavoro importante dalla Procura di Reggio e dai carabinieri di Locri in particolare, con una grande collaborazione della polizia di Duisburg e del Bka, senza la quale oggi non avremmo avuto questo risultato\”. Sulle tre assoluzioni, Gratteri ha detto che attenderà di leggere le motivazioni. \”Forse – ha commentato – c\’è stato qualcosa che ha riguardato l\’acquisizione degli interrogatori in Germania\”.
Il magistrato, infine, ha sostenuto che \”è importante che la Corte d\’Assise di Locri abbia riconosciuto la responsabilità degli imputati per fatti così gravi che ci hanno additato come mafiosi, come fossimo in uno stato messicano e sudamericano. Questo ha nuociuto molto non solo alla Calabria ma all\’immagine dell\’Italia\”.
Alla lettura della sentenza scene di disperazione. La madre di uno degli imputati, nell\’apprendere della condanna all\’ergastolo del figlio si è lasciata a urla disperate. E\’ stata accompagnata all\’esterno dell\’aula dai carabinieri che svolgevano servizio d\’ordine continuando ad urlare e battere pugni al muro.
Mentre Antonella Giorgi, madre di Marco Marmo, una delle vittime della strage, è netta: \”Chi ha sbagliato deve pagare, non abbiamo fatto noi i nomi di chi ha ucciso i nostri figli, ma la giustizia. La giustizia deve fare il suo percorso. Senza giustizia non c\’è pace\”. Vicino a lei, ad ascoltare la lettura del dispositivo di sentenza, era seduta Marianna Carlino, madre dei fratelli Francesco e Marco Pergola, anch\’essi uccisi nella strage di Duisburg. \”Ora – ha detto ai cronisti- voglio che il loro nome sia riabilitato. I miei figli sono stati chiamati mafiosi, ma in realtà sono vittime innocenti della mafia, della scelleratezza di questa gente\”.
LE CAPOTALI TEDESCHE
L’inchiesta Il Crimine, scivolata il 13 luglio 2010 sull’asse Reggio-Calabria/Milano ha fatto capire a tutti che la ‘ndrangheta tedesca ha ben altre capitali che non Duisburg.
Singen, Rielasingen, Radolfzell, Ravensburg, Engen e Francoforte: ecco quelle in cui la presenza è forte e spesso asfissiante. Singen è una città di 45.000 abitanti situata nel land del Baden –Wurttemberg (versante sud-occidentale della Germania, confina a sud con la Svizzera e a ovest con la Francia). Rielasingen-Worblingen è un comune di 12.000 abitanti situato nel land del Baden –Wurttemberg. Radolfzell am Bodensee è una città della Germania occidentale sul lago di Costanza. Dopo Costanza e Singen è la terza città più grande del Circondario di Costanza. Ravensburg è una città di 47.000 abitanti situata nel land del Baden –Wurttemberg. Engen è un comune di 10.000 abitanti circa situato nel land del Baden -Wurttemberg. Francoforte sul Meno è la città extracircondariale di 670.000 abitanti della Germania centro-occidentale.
IL MODELLO
In Germania è stato replicato il modello strutturale della ‘ndrangheta calabrese. Le ramificazioni criminali, seppur dotate di una certa autonomia, relativamente alle classiche forme di manifestazione mafiosa, in realtà sono rigidamente dipendenti alla ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria a cui “rispondono”.
Gli inquirenti hanno avuto conferma dell’esistenza di due gruppi criminali uno che farebbe capo a Bruno Nesci, arrestato in Germania l’8 marzo 2011, l’altro che fa capo ad un personaggio ancora ignoto alle indagini ma certamente di origine calabrese (e forse anche della stessa zona di origine di Nesci) che nelle intercettazioni viene soprannominato “lo svizzero” verosimilmente per essere domiciliato in Svizzera. E’utile evidenziare che la città di Singen si trova quasi a ridosso del confine tra la Germania e la Svizzera.
Tra il gruppo di Nesci e quello dello “svizzero” vi sarebbero degli attriti che attengono esclusivamente al predominio territoriale che una fazione vorrebbe esercitare sull’altra.
In tale quadro Nesci si sentirebbe autorizzato ad agire in maniera autonoma essendo egli autorizzato ad esercitare la sua carica di capo società forte di una assenso ricevuto da Domenico Oppedisano. Autorizzazione che con tutta evidenza è espressione del “crimine” al quale Nesci, come scrivono nell’ordinanza i magistrati, risponde, come fanno risaltare i contatti con Domenico Oppedisano, anche per sua stessa ammissione nel corso della telefonata del 22 aprile 2009, alle ore 09:50 in cui esplicitamente riferisce:“la società mia è da sette anni che sta rispondendo al Crimine”
LE LITI
Per porre rimedio all’attrito sorto in Germania tra Nesci e lo “svizzero”, tale Marcello si fece promotore di una riunione alla presenza di un personaggio di spessore: “E adesso Marcello vuole fare l’appuntamento per Agosto… la sotto per ragionare con quello del Crimine, Damiano, Rocco, Totò”.
Nesci, secondo i magistrati capo società in Germania, riceve ordini e disposizioni dalla Calabria (“io quando vado la sotto, parlo di quello che devo parlare, e quando vango qua, dico quello che mi dicono la sotto”).
L’articolazione ‘ndranghetista in Germania (e anche in Svizzera) “risponde” al Crimine (“Adesso se lo vuole fare lo fa, però ci devono essere pure quelli del Crimine presenti gli ho detto io… Perché lui dipende di là, come dipendiamo tutti”).
Nei contatti che spesso preludono a incontri tra Bruno Nesci e Domenico Oppedisano si usano linguaggi e termini che indicano l’esistenza di una patrimonio linguistico e simbolico di riferimento comune. Si cita ad esempio l’uso dei termini “nuove piante “ e “alberi” di cui Nesci fa uso nel dialogo 19 agosto 2008 e si richiama il significato di tali termini, usati in un contesto del tutto avulso da improbabili questioni agronomiche e che si riferiscono invece all’affiliazione di nuovi adepti.
Un’altra conversazione ci consegna le doglianze di Nesci per un “fiore” conferito i Calabria a un suo uomo senza prima interpellarlo e senza chiedergli se lo meritava. Emerge il ruolo guida di Nesci rispetto alle “piante “ in Germania e la rivendicazione del suo potere di non riconoscere “il fiore” in Germania. Oppedisano lo autorizza in tal senso.
Dalla conversazione del 3 novembre 2008 si apprende di spinte scissioniste nella Locale di Fabrizia. Persone di Fabrizia residenti in Germania vorrebbero dissociarsi da Nesci replicando la Locale di Fabrizia in Germania . Oppedisano ribadisce che coloro che stanno in Germania rispondono a Nesci .
L’8 marzo 2009 Nesci riferisce a Oppedisano dei problemi esistenti fra la Società di Singen e la Svizzera, delle mire espansionistiche di qualcuno che risiede in Svizzere e che rivendica una squadra autonoma in Germania sicche’ la leadership di Nesci sarebbe messa in discussione, che al fine di rendere nota questa situazione “lo svizzero” sarebbe andato in Italia a parlare con tale Damiano. Oppedisano ribadisce che tutto e’ rimesso alla decisione della Società di cui lui e’ vertice e che fintanto che la lui non sarà investito della questione Nesci manterrà attiva la sua squadra.
Dalla conversazione fra Nesci e una donna emergono altri particolari sulla degenerazione dell’attrito con “Ntoni lo svizzero”.
Il 3 luglio 2009 Nesci informa Oppedisano di una riunione che sarebbe stata convocata dalla “montagna della Svizzera”, temine con il quale Nesci indica evidentemente il suo antagonista svizzero. Antagonista che sarebbe stato già in viaggio per la Calabria al fine di ottenere i benestare alla costituzione della nuova società.
Il dato, al di là dell’evoluzione della vicenda che avrà esito negativo per l’ aspirante svizzero, conferma che la costituzione di una nuova “società” in Germania necessita del beneplacito degli organi decisionali calabresi.
E’ importante il fatto che Oppedisano rassicuri Nesci sul fatto che nessuno può agire da solo, senza il consenso degli alti gradi calabresi e che “stupidi” sono quelli che vanni dietro lo svizzero.
articolo di Roberto Galullo (Guardie o ladri, Il Sole 24 Ore)