Il 29 agosto 2011 ricorre il ventennale dell’omicidio di Libero Grassi, l’imprenditore siciliano che per primo denunciò pubblicamente i tentativi di estorsione, più volgarmente il “pizzo”, da parte della mafia.
“Non sono un pazzo, sono un imprenditore e non mi piace pagare. Rinuncerei alla mia dignità. Non divido le mie scelte con i mafiosi“. Lo disse alla televisione, prima ancora in una lettera aperta pubblica sul Quotidiano di Sicilia: \”Caro Estorsore…\”
“…volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui…”.
Venne ammazzato abbandonato a se stesso senza il sostegno di autorità e associazioni di categoria.
Le parole di Libero Grassi, divenute regola di vita per Pino e Marisa Masciari, danno frutti sani e rigogliosi se noi, la società civile, dimostriamo di essere tale, dimostrando con fatti concreti di essere presenti, vigili e attenti. Dobbiamo difendere, anche noi, tutti noi, la nostra dignità. Non dobbiamo rinunciare alla nostra dignità di uomini e di cittadini.
“Sentirsi Stato. Essere Stato.” Sono parole di Pino Masciari, pronunciate pochi giorni fa in occasione della celebrazione in ricordo del sacrificio del giudice Scopelliti.
Certo, oggi molto è cambiato nella lotta al racket delle estorsioni e alla mafia, è cresciuta la sensibilità, sono aumentate le denuncie, anche se nella penombra, ma sono aumentate, così come in molti casi si è rotto quel silenzio assordante che da sempre ha fatto forte la criminalità. Da Libero Grassi, da quel 29 agosto del 1991, è stato anche tanto il sangue versato per le strade, tante però anche le vittorie, ma altrettante, ahimè, le pagine buie e i misteri, così come le minacce ad imprenditori, magistrati, operatori delle forze dell’ordine e liberi cittadini, che hanno scelto di stare dalla parte della legalità.
Quella fiaccola di libertà, accesa 19 anni fa sul selciato di via Vittoria Alfieri, passata di mani in mano, non si è ancora spenta, e difficilmente potrà spegnersi, sino a quando verrà alimentata dalla determinazione e dal coraggio di migliaia di cittadini che, giorno dopo giorno, fanno si che il buio non prevalga sulla luce, spezzando le catene della paura e dell’arretratezza.
L’imprenditore Pino Masciari attualmente è vivo e non è solo: è responsabilità di tutta la società non ripetere gli errori della Storia, con impegno, costanza e resistenza. Dobbiamo continuare ad “organizzare il coraggio”, con i fatti e non con la retorica, lo dobbiamo per rispetto a Libero.
f.to Gli Amici di Pino Masciari
Rai2 ricorderà il coraggio di Libero Grassi con “Libero nel nome”, documentario in onda lunedì 29 agosto alle 23.40, che Pietro Durante ha dedicato all’imprenditore ucciso vent\’anni fa.
L’imprenditore Libero Grassi ucciso dalla mafia,perchè non ha voluto che il suo patrimonio aziendale divenisse proprietà della mafia, ossia ciò per cui ha lavorato onestamente tutta una vita.
Sappiamo bene,oramai,cha dal consenso che si dà alla mafia di pagare la cosiddetta riscossione del “pizzo”,si giunge in taluni casi all’espropriazione del proprio bene, se non al fallimento.
Ed ancora una volta si attesta la mancanza di volontà e determinazione, pur se avallata dalle Leggi, dello Stato e dei Suoi Funzionari, ossia di coloro che sono preposti a preservare e proteggere gli imprenditori incappati nel mirino della mafia.
La denuncia da parte dell’imprenditore e/o commerciante diviene l’unica arma a suo favore. In quanto liberarsi dalla morsa della mafia è l’unico mezzo per richiedere gli attestati aiuti finanziari e di sicurezza personali per definire una volta per tutte una situazione al culmine della sopportazione.
Lo Stato di fronte ad un atto di denuncia consegnato all’A.G. può in tal caso avallarsi contro la consorteria criminale della mafia.
Perchè c’è un atto pubblico che attesta esplicitamente la responsabilità di un’organizzazione mafiosa che và evaso, ossia ci sono nomi e cognomi.
E’ovvio, che l’imprenditore dovrà rifarsi una vita dopo aver denunciato apertamente il malaffare della mafia, ma è nuovamente compito dello Stato a non sottrarsi alle sue responsabilità di fronte alla prevaricazione della mafia…