Di seguito, la notizia.
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Una lettera, a firma Rocco Pesce, nome di un esponente dell\’omonimo clan della \’ndrangheta, recluso nel carcere di Opera, e\’ giunta nella giornata di giovedi\’ sulla scrivania del sindaco Elisabetta Tripodi che, il giorno stesso l\’ha consegnata ai carabinieri della tenenza di Rosarno denunciando l\’accaduto. L\’episodio e\’ stato reso noto oggi nel corso di una conferenza stampa. Sull\’autenticita\’ della missiva sono in corso accertamenti. La missiva non porta il timbro del carcere di Opera, ma dell\’ufficio postale cittadino e, considerando che Rocco Pesce sta scontando l\’ergastolo, appare quanto mai improbabile che sia stato lui a imbucarla. La missiva, inoltre, era contenuta in una busta del Comune di Rosarno. Qualcuno, quindi, l\’avrebbe presa nel palazzo municipale, portata fino a Milano, fatta entrare e uscire dal carcere e poi imbucata. . La notizia dell\’arrivo della lettera e\’ stata data dall\’assessore Michele Brilli, affiancato nella conferenza stampa dal collega Michele Fabrizio e dal consigliere comunale Grace D\’Agata. Della lettera discutera\’, martedi\’ prossimo, il consiglio comunale convocato d\’urgenza. Nella missiva firmata Rocco Pesce si esprime \”rammarico e disappunto in relazione al fatto che il Comune di Rosarno si e\’ costituito parte civile nel procedimento a carico mio e della mia famiglia, dato che da parte nostra non vi e\’ alcuna azione penalizzante a danno delle istituzioni, dei commercianti o degli abitanti del comune di Rosarno da lei rappresentato\”. Brilli ha sottolineato come la costituzione di parte civile nei processi di \’ndrangheta \”sia un atto assunto da tutto il consiglio comunale e non certo dal solo sindaco\”. Ma quello che piu\’ preme a Rocco Pesce, fratello di Antonino, considerato il boss dell\’omonima famiglia rosarnese, e\’ lo sgombero e la demolizione dello stabile in cui vivevano i figli e la moglie. Pesce fa poi alcune allusioni. \”Io e la mia famiglia – scrive – eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi piu\’ stretti familiari, in occasione dei consueti aperitivi in corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttivi di opinioni, dove si argomentava questioni interessanti della nostra citta\’, mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell\’armadio, e converra\’ con me che l\’estremo perbenismo e\’ solo ipocrisia e sono sicuro che lei e\’ una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze\”.
Fonte: affaritaliani.it