scritto da Giorgio Macario (Comitato Scientifico della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari)
Leggo almeno un quotidiano al giorno, ascolto i notiziari e consulto spesso i siti dell’informazione sul web, ma per apprendere qualcosa sulle vicende che hanno interessato Pino Masciari e la sua famiglia negli ultimi quindici travagliatissimi anni, ho dovuto attendere questi ultimi mesi.
A seguito dell’invito rivoltogli dalla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari per presentare al Festival di settembre l’autobiografia scritta da lui e dalla moglie Marisa, ho avuto il privilegio di ascoltarlo mentre sbalordiva la platea.[1]
Oggi, dopo aver letto con attenzione “Organizzare il coraggio”, che è un inno all’impegno civile e parla di coraggio e di vita, seguita ad una vera e propria discesa agli inferi, non posso che consigliarne caldamente la lettura a tutti coloro che aspirano ad un mondo migliore.
“Bisogna organizzare il coraggio, come loro organizzano la malavita.”
Questa, in estrema sintesi, sembra essere la sfida principale lanciata da Pino e Marisa Masciari con questo loro accorato, intenso ed illuminato resoconto.
Che parla di tredici anni di intimidazioni, minacce, attentati, scelte difficili, isolamento e disperazione prima di poter intravedere uno spiraglio di vita nella vicinanza, solidarietà, condivisione, amicizia e sostegno di (pochi) uomini retti presenti nelle istituzioni e di (alcuni, poi molti) uomini e donne della società civile desiderosi di una ‘giustizia giusta’.
Difficile riassumere un calvario che dall’allontanamento di tutta la famiglia Masciari dall’amata Calabria avvenuto nel 1997 porta, nel 2010, alla concreta possibilità ed alla decisione di ricominciare finalmente a vivere ad oltre mille km di distanza, ma scegliendo di continuare a testimoniare il proprio impegno e restituendo un senso al dolore patito.
Auspicando, in tal modo, per tutti la possibilità di riscattarsi da quell’intreccio di malavita organizzata, malaffare diffuso e connivenze istituzionali che ormai da molti anni impedisce di respirare aria pulita.
Un imprenditore edile che ad un certo punto dice: “Dovevo ribellarmi a quell’ingiustizia e decisi di farlo non pagando nulla”, compie un’azione talmente coraggiosa che, prima di essere riconosciuta come tale, appare ai più incosciente, incomprensibile e sostanzialmente inutile perché condannata allo status quo e all’autodistruzione del temerario denunciatore.
Da qui l’isolamento e l’assimilazione, per quattro lunghi anni, di questa figura ‘anomala’ alle figure dei pentiti e dei collaboratori di giustizia. Solo nel 2001 infatti viene varata una legge che istituisce in Italia la figura del ‘testimone di giustizia’ che non ha nessuna colpa, essendo anzi una delle principali vittime.
I trasferimenti continui, le vessazioni e le inqualificabili disfunzioni del sistema di protezione rischieranno di fiaccare la resistenza di un padre e di una madre pur così determinati.
Ma è la vicinanza di singole persone, dallo sconosciuto carabiniere Eddy che con un reciproco invito a pranzo fra la sua famiglia e la famiglia di Masciari fa intravedere una possibile normalità, al ben più conosciuto Don Ciotti che non fa mancare la sua presenza nei momenti più critici e nelle principali ricorrenze, che apre concretamente spiragli di vita per Pino ed i suoi famigliari.
Fino alla creazione della rete degli ‘Amici di Pino Masciari’ che, attivandosi fisicamente nel sostituire le scorte assenti o insufficienti negli spostamenti a rischio di Pino e creando il blog relativo (www.pinomasciari.it) ha dimostrato concretamente a Pino di non essere un pazzo solitario, visionario e incosciente.
Alcuni di questi, oltre al carissimo amico Davide Mattiello, che firmano una sorta di postfazione al volume a nome degli amici di Pino Masciari, meritano di essere citati: Andrea Masciari Sacco, Roberto Masciari Laddaga, Federica Masciari Rosin. Non sono fratelli, ma solo alcune delle persone che, con molte altre, hanno scelto di aggiungere ufficialmente il cognome Masciari al loro per non far sentire soli nella loro battaglia Pino e la sua famiglia.
E’ un gesto concreto e straordinario che si commenta da sé, e che porta Pino e Marisa nel loro ultimo capitolo, significativamente intitolato ‘L’inizio’, a testimoniare una speranza finalmente collettiva e non solitaria, affermando: “Organizzare il coraggio, senza rabbia e insieme, si può, noi ne siamo la dimostrazione.”
[1] Cfr. La sintesi nei siti http://www.lua.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2134&Itemid=80 e http://www.pinomasciari.it/?p=17256