Condanne per trentuno anni di carcere. Queste le richieste del pm della Dda Marco Mescolini per i primi quattro imputati del gruppo accusato di reinvestire dal cuore del distretto ceramico modenese al Canton Ticino il denaro della ‘ndrangheta mediante truffe ai danni di Stato, banche, fornitori e persino sui decoder Sky per centinaia di milioni di euro.
Al termine della requisitoria nel processo col rito abbreviato a Bologna, la pubblica accusa ha chiesto 11 e 9 anni di pena per i rampolli di Isola di Capo Rizzuto Fiore e Tommaso Gentile, 7 anni per il commercialista svizzero Sergio Pezzatti e 4 anni per l’altro crotonese Giuseppe Manica.
Secondo le indagini del reparto operativo dei carabinieri di Modena, affiancato dal Gico della Finanza, aziende di informatica come la Point One di Maranello e società sparse dall’Europa alle Isole Vergini moltiplicavano gli investimenti della cosca Arena, nota alle cronache per aver organizzato in Germania i brogli per l’elezione dell’ex senatore Pdl Nicola Di Girolamo.
E’ ancora in fase dibattimentale a Modena, invece, il processo a carico dell’imprenditore incensurato Paolo Pelaggi, accusato di aver fatto saltare in aria gli uffici dell’Agenzia delle Entrate di Sassuolo che stavano per scoprire il sofisticato meccanismo, sventrati nella notte del 26 luglio 2006 dopo aver disposto un accertamento su 700mila euro di credito d’Iva. Con la sua Point One Pelaggi, che l’indomani dell’attentato inviò un telegramma al direttore dell’Agenzia per dirsi dispiaciuto e a “disposizione” – di fatto favorendo le indagini – costituisce l’asse portante col commercialista Pezzatti.
Originario di Bologna, ex dirigente della filiale di Montecarlo dell’ Unione banche svizzere e del Lugano calcio, il professionista ticinese gestiva la Mt Trading, società con deposito in Austria (per i camion carichi di fatture) e sede alle Vergini. Catturato l’estate scorsa dall’Fbi all’aeroporto Jfk di New York, oggi attende la sentenza a piede libero in virtù della pronuncia della Cassazione che, escludendo l’aggravante mafiosa dell’articolo 7, ha fatto venir meno le esigenze cautelari.
Pezzatti poteva non sapere dei collegamenti di Pelaggi con la cosca madre? Di certo godeva di coperture ad alto livello, come si evince da una telefonata intercettata: “Ho un amico giudice – spiega al socio crotonese – mi ha detto che c’è una società che amministro io con richiesta di assistenza giudiziaria con l’Italia… Il problema è che se andiamo in causa loro vengono a sapere che la Point One e la Mt sono gli stessi proprietari. L’unica soluzione è quella di liquidare la società prima”.
Secondo gli inquirenti il vortice circolare di operazioni inesistenti, soprattutto compravendite di materiale informatico, permetteva di maturare credito d’Iva per non pagare le imposte tramite i passaggi all’estero, e di ottenere maxiprestiti fino al crac pilotato. Nel fascicolo del pm Mescolini sono confluite anche dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Vincenzo Marino e Salvatore Angelo Cortese rese all’Antimafia di Catanzaro. “Ci hanno messo i soldi in questa ditta, perchè è roba a livello grosso, bidoni da un milione di euro” racconta ad esempio Cortese, che come referente a Reggio Emilia delle cosche Dragone e poi Grande Aracri di Cutro ha avuto contatti coi Gentile.
I fratelli Tommaso e Fiore, figli del boss Francesco Gentile che partecipa all’inaugurazione della nuova sede della Point One nel 2007, riescono a evitare problemi a Pelaggi quando l’imprenditore “che fa guadagnare na varca e dinari” tarda nei versamenti alla ‘ndrina di Isola di Capo Rizzuto, nelle persone del capobastone Fabrizio Arena e del suocero Franco Pugliese. La coppia è coinvolta nell’inchiesta del procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo sul riciclaggio di Telecom, Sparkle e Fastweb, collegati al faccendiere Mokbel e autori di brogli per far eleggere il senatore Pdl Nicola Di Girolamo, poi costretto alle dimissioni.
Tra i beni sequestrati nell’inchiesta emiliana, invece, ci sono 7 società, 10 partecipazioni azionarie, 22 polizze e 43 conti bancari anche in Svizzera per circa 30 milioni di euro. L’avvocato della curatela fallimentare, il modenese Roberto Chiossi, ha chiesto oggi un risarcimento di 83 milioni, cui andranno sommati i danni all’Agenzia delle Entrate per alcune centinaia di milioni di euro. Dopo le arringhe della difesa il 3 ottobre è prevista la sentenza di Bologna, mentre dieci giorni dopo si terrà una nuova udienza per Paolo Pelaggi, imputato assieme ai fratelli Davide ed Emanuele nel processo con rito ordinario.
trato da Il Fatto Quotidiano