Fonte: Ansa – Per il presidente della Provincia di Reggio, Raffa ”la decisione della magistratura palmese dimostra la linearità e la correttezza dell’Amministrazione provinciale nella lotta alla criminalità organizzata e nel garantire il rispetto della legalità. Non appena queste somme saranno disponibili ed entreranno nelle casse dell’Ente intendiamo investirle nell’area di Gioia Tauro, in particolare nel retroporto e rilanciare così le attività legate allo scalo che necessita di ulteriori e maggiori attenzioni da parte della Pubblica amministrazione\”.
\”Si potranno realizzare – aggiunge Raffa – nuove strutture a supporto della logistica per agevolare le opportunità occupazionali e per sviluppare un disegno organico di crescita economica non solo del porto, ma dell’intero comprensorio gioiese\”.
\”I fatti – è scritto in un comunicato del portavoce del presidente dell’ente – risalgono alla metà degli anni ‘90, quando furono arrestate numerose persone accusate di essersi associate tra loro nell’ambito della criminalità organizzata operante nel territorio dei comuni di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando. Un gruppo criminale composto dalle ‘ndrine Piromalli-Mole’, che esercitava il suo potere nel territorio di Gioia Tauro, e Pesce e Bellocco egemone a Rosarno, ed entrambe anche nel territorio di San Ferdinando.
Un’organizzazione mafiosa che aveva lo scopo, attraverso la forza intimidatrice, di trarre illeciti profitti dalle attività economiche, in gran parte finanziate dallo Stato, da altri enti pubblici nazionali e dalla Comunità europea, per il completamento del porto, l’inizio della sua attività e l’adeguamento e sistemazione della circostante area. Tra le altre finalità criminali figuravano: l’influenza nelle decisioni della Pubblica amministrazione, relative all’assetto territoriale dell’area interessata e, contestualmente, ottenere il favore e la complicità di pubblici ufficiali; il conseguimento di vantaggi patrimoniali dalle imprese operanti nel territorio attraverso affidamenti di lavori per l’erogazione di forniture di beni e servizi (da distribuire in base a precisi accordi di ripartizione territoriale intercorsi tra le dette ‘ndrine), l’assunzione di mano d’opera, ovvero direttamente attraverso la corresponsione di somme di denaro a titolo estorsivo; l’accaparramento fraudolento di contributi e/o agevolazioni economico-finanziarie anche attraverso la partecipazione allo svolgimento delle attività produttive nell’area portuale e nella circostante zona industriale.
L’attività d’indagine evidenziò anche che la ‘ndrangheta di Gioia Tauro aveva deciso di costringere le societa’ ‘Medcenter’, nella persona del suo vice presidente Walter Lugli, e ‘Contship’, nella persona del suo presidente Enrico Ravano, a versare una tangente corrispondente alla somma di 1,50 dollari per ogni container scaricato, pari al 50% degli effettivi profitti conseguiti dalle società per ogni container\”. \”Nella richiesta di danni non patrimoniali – prosegue la nota – il Tribunale è stato sollecitato a tenere conto del ‘discredito arrecato alla reputazione e all’immagine dell’Ente e alla sua popolazione, in virtù della presenza nel proprio territorio di tali consorterie mafiosé. Nel corso del processo é stata prodotta numerosa documentazione – in particolar modo servizi di testate giornalistiche nazionali – diretta a dimostrare l’enorme clamore e quindi la gravità del danno all’immagine subito dal territorio della Provincia di Reggio\”.