Fonte: MILANOSUD di: Paolo Piscone – Andrea Carrera
Il 24 novembre 2011 è stata approvata la delibera per il conferimento della cittadinanza
onoraria all’imprenditore Pino Masciari. Il sindaco Giuliano Pisapia ha così motivato l’iniziativa: «perché conferisce la cittadinanza onoraria a un uomo che dà una testimonianza forte su come bisogna combattere le mafie». La Commissione consiliare antimafia potrà cos’ì avvalersi del contributo di personalità, come Pino Masciari, imprenditore calabrese, che sfidò la ‘ndrangheta denunciandone i continui tentativi di estorsione. Ripete infatti spesso Pino Masciari: «Io voglio essere ricordato oggi che sono vivo e non da morto perché i morti non parlano e io posso ancora parlare». Con la sua testimonianza furono condannati anche alcuni magistrati collusi. Nel 1997 Pino Masciari e la sua famiglia entrarono in un programma speciale di protezione e da quel giorno di loro non si seppe più nulla, costretti a spostarsi continuamente in località protette. Nel 2006 Pino Masciari decide di riscattare la sua libertà e di rompere definitivamente con una “clandestinità” obbligata andando in giro per l’Italia a raccontare la propria storia, l’amore per il proprio Paese, l’impegno per la legalità nelle scuole, negli incontri organizzati da enti e associazioni della società civile, nei programmi televisivi e radiofonici. Nel 2010 cessa il Programma Speciale di Protezione. Per il suo coraggio di dire no alla ‘ndrangheta, oggi Pino Masciari è un ‘libero’ cittadino sotto scorta. Una figura stimolante e di esempio soprattutto per i giovani. Giovani che hanno bisogno di messaggi che li aiutino a prendere coscienza del valore della legalità. Un esempio di vita esemplare in un periodo caratterizzato da un impoverimento materiale, etico e culturale della società.
Cosa differenzia il testimone di giustizia dal collaboratore di giustizia?
«Il collaboratore di giustizia è colui che proviene dal crimine, che faceva parte dell’organizzazione criminale e che era parte integrante di quel sistema. Il Testimone di giustizia è colui che sceglie la strada della denuncia per difendere i propri diritti e dignità. Solamente la Legge 45 del 2001 ha distinto nettamente tra collaboratori pentiti e testimoni di giustizia».
Chi erano Pino e Marisa Masciari prima della denuncia dei tentativi di estorsione della ‘ndrangheta?
«Ero un imprenditore edile, figlio di imprenditori, che dava posti di lavoro a decine di famiglie non solo in Italia ma anche all’estero. Marisa Salerno, mia moglie, era un medico odontoiatra affermato».
Quando ha deciso di denunciare i suoi estorsori?
«Subito! Ma ho dovuto però attendere perché all’inizio non ho “trovato” lo Stato, le istituzioni che potessero accogliere le mie denunce. Anzi, venivo dissuaso dal denunciare perché avrei messo a rischio la mia vita e quella dei miei cari. In quel periodo mi trovavo a operare in Calabria, in quella Calabria che si pensava fosse la zavorra dell’Italia, e lo è stata per tanti anni, perché come tutto il meridione per tantissimi anni ha attinto sempre alle casse dello Stato con il clientelismo e con altri sistemi poco nobili».
La scelta di denunciare: quanto è costato alla sua famiglia?
«È stato uno sconvolgimento delle nostre vite, che sono diventate esistenze di privazioni, di assenza di libertà e di affetti familiari, sicurezza economica e personale. Una condizione che ha lasciato segni indelebili anche nelle vite dei nostri cari. Il pensiero va a mia mamma che per anni ha pianto e vomitato perché ignara di quanto accaduto a me a alla mia famiglia.
Ciò perché il nostro “esilio” non poté essere preannunziato e la nostra partenza avvenne di notte e senza preavviso, neppure a mia madre».
Come hanno vissuto i suoi figli?
«Per 10 anni hanno vissuto nell’isolamento più totale, chiusi in quattro mura. I
miei figli non sapevano correre. Non potevano andare in bicicletta. Ancora oggi sono in difficoltà. I miei figli non hanno mai abbracciato i loro nonni, se non due o tre ore in tutta la loro vita. Solo dopo il 2006, hanno conosciuto gli amici della rete degli Amici di Pino Masciari e solo verso qualcuno di questi si sono aperti un po’ ma con grande difficoltà».
Ripercorrerebbe nuovamente la strada della denuncia?
«Io penso che resistere sia un dovere, costi quel che costi. Si può anche morire, però si muore con dignità. Vivere o sopravvivere a delle grandi ingiustizie è come se uno morisse ogni giorno. E io sono disposto a morire perché credo in quello che ho fatto».
Qual è stato il ruolo di sua moglie in questa sua scelta?
«Senza mia moglie io non so se sarei ancora qui a parlare, perché mi ha dato tanta forza soprattutto nei momenti difficili. Lo è stato per me come per i miei figli. È una donna che non mi ha rinfacciato mai nulla. Lei era un medico e aveva tutti i titoli e i diritti per potersi rifare una propria vita. Invece è stata al mio fianco senza mai lamentarsi di nulla. Certe scelte non
si possono fare da soli. Io avevo già deciso di fare questo, ma nel momento in cui io l’ho chiesto a lei, mi ha risposto: “vai avanti che io ci sono”. E questo, nonostante allora fossimo solo fidanzati».
Quale consiglio darebbe a un imprenditore che viene a contatto con realtà mafiose?
«Non abbiate più paura: uscite allo scoperto. Cammineremo tutti alla luce del sole traendone tutti vantaggio. Creeremmo più posti di lavoro. Sicuramente ci sentiremmo più felici. Forse qualcuno di noi dovrà pagare con la propria vita questo salto nel mondo legale. Ma ben venga! Sarei il primo a dare la mia vita se sapessi che tutto questo potesse realizzarsi e modificare l’attuale situazione. Denunciate e non piangete su voi stessi, e se volete chiamatemi che vengo a denunciare assieme a voi. Dobbiamo affrontare la vita con le forze dell’ordine e con la Magistratura».
Quale messaggio dare ai giovani?
«Vivere il presente per progettare il futuro. Dobbiamo capire che quando costruiamo qualcosa deve essere pensato “per il tempo” cioè che duri nel tempo. Invece siamo il popolo “dell’emergenza del giorno dopo”. Questo vivere alla giornata è il male che ci sta distruggendo. Combattete per un paese di liberi imprenditori in un mercato libero dai condizionamenti delle mafie. Non soggiacete e non collaborate con le mafie».