Fonte: TMNews – Negli ultimi dieci anni, in 89 indagini su 191 sul traffico illegale di rifiuti in Italia, meno della metà di quelle effettuate, le forze dell\’ordine hanno sequestrato più di 13 milioni e 100mila tonnellate di rifiuti: una quantità che sarebbe contenuta in più di un milione di tir (1.123.512 tir), che messi uno dopo l\’altro riempierebbero una strada lunga più di 7 mila chilometri, (l\’intera rete autostradale italiana ne misura 7.120). Sono i numeri \”impressionanti\” forniti da Legambiente nel \’decennale\’ dalla prima ordinanza di custodia cautelare emessa per traffico illegale di rifiuti nel nostro Paese: era infatti il 13 febbraio del 2002 e a farla scattare fu l\’operazione Greenland, coordinata dalla Procura di Spoleto e condotta dal Comando Tutela ambiente dei Carabinieri. Ad oggi, ricorda Legambiente, le inchieste sviluppate grazie al delitto di \’attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti\’ sono 191 e 1.199 le ordinanze di custodia cautelare, quasi una ogni 3 giorni. Le aziende coinvolte nelle indagini sono state 666, con 3.348 persone denunciate. Le Procure che hanno indagato sono diventate 85, nelle inchieste hanno operato tutte le forze dell\’ordine, dal Corpo forestale dello Stato alla Finanza, dalla polizia alla Direzione investigativa antimafia fino alle Capitanerie di porto e all\’Agenzia delle Dogane. Da capogiro anche il volume d\’affari: 43 miliardi di euro negli ultimi dieci anni (3,3 miliardi nel 2010). Sono 39 i clan mafiosi scoperti in attività nel ciclo illegale dei rifiuti e censiti fino a oggi nei vari Rapporti Ecomafia di Legambiente. Per Legambiente \”quello dei traffici illegali nel nostro Paese e su scala internazionale (22 gli Stati esteri coinvolti) è un fenomeno che rappresenta un\’autentica minaccia per l\’ambiente, la salute dei cittadini e l\’economia. Basti pensare al fatto che nel solo 2010 sono state sequestrate oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi gestiti illegalmente. Si tratta della punta, relativa ad appena 12 inchieste su 30, di una vera e propria \’montagna di veleni\’\”. \”Grazie all\’introduzione del delitto di attività organizzate di traffico illecito di rifiuti, l\’Italia rappresenta oggi a livello europeo e internazionale una punta avanzata nell\’azione di contrasto a questo grave fenomeno d\’illegalità, ambientale ed economica\”, ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza nel corso di un convegno oggi a Roma con il ministro dell\’Ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini per fare il punto sullo stato dell\’arte nella lotta ai trafficanti di veleni: \”Ora serve completare la rivoluzione iniziata dieci anni fa. Confidiamo quindi nel governo affinché si attivi concretamente per l\’introduzione dei delitti ambientali nel nostro Codice penale, una riforma di civiltà, che oltre ad assicurare maggiore protezione agli ecosistemi, alla vivibilità dei territori e alla sicurezza di tutti gli italiani, contribuirebbe a tutelare l\’economia sana del paese. Le aziende cacciate dal mercato dalle pratiche scorrette sono le prime vittime della \’rifiuti Spa\’\”. Ciò che è cambiato negli ultimi anni sono le rotte del traffico dei rifiuti, che non sono più quasi prevalentemente Nord-Sud, ma sempre più circolari e coinvolgono ormai tutte le regioni, con l\’unica eccezione della Valle d\’Aosta, e si proiettano su scala mondiale. Sulle 85 procure coinvolte nelle inchieste, infatti, 29 sono del Nord, 26 del Centro e 30 del Sud. Capita che i rifiuti della Lombardia finiscano in provincia di Napoli (inchiesta Eurot), quelli pugliesi in Emilia Romagna (inchiesta Clean cars), che i rifiuti abruzzesi vadano in Grecia o in Turchia (inchiesta Emelie). Sono in aumento, infatti, le inchieste transnazionali: 10 nell\’ultimo anno, con il coinvolgimento di 15 paesi di tre continenti (Europa, Africa, Asia). In totale negli ultimi 10 anni sono state 31, con 156 ordinanze di custodia cautelare, 509 denunce, 124 aziende coinvolte di 19 regioni italiane, coinvolgendo ben 22 Paesi esteri. Le strade dell\’ecomafia passano dai confini geopolitici dell\’Unione europea, si spingono fino in Africa e India, terminano la loro corsa in Estremo Oriente. Testimoni e indagini raccontano come grosse piattaforme logistiche italiane racimolino rifiuti plastici, cartacei, ferrosi, elettronici, anche provenienti dalla raccolta differenziata (raccolgono più di dieci volte quello che possono raccogliere le normali aziende), e li immettano nei circuiti illegali internazionali, dove attraverso vari passaggi di mano, e di confine, finiscono in Cina o in India dove vengono trattati senza precauzioni e senza regole, con enormi costi ambientali e sanitari. Un fenomeno ancora lontano dall\’essere completamente svelato. Tra le altre cose, Legambiente chiede di rafforzare e semplificare il quadro sanzionatorio sulla tutela penale dell\’ambiente; rendere pienamente operativa la nuova classificazione del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, prevedendo l\’utilizzo di intercettazioni telefoniche e ambientali in presenza di sufficienti indizi di reato, e non gravi com\’è attualmente, e prolungando fino a un anno i termini per le indagini preliminari; prevedere una serie di modifiche normative per rendere più efficaci le procedure di sequestro di rifiuti presso aree portuali e aeroportuali; sollecitare l\’estensione del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti in tutti i Paesi dell\’Unione europea; inserire stabilmente e rafforzare il contrasto dei traffici illegali di rifiuti nelle attività di organismi investigativi e di controllo europei e internazionali