Fonte: Liberoquotidiano.it – C’è odore di sistema tangentizio che unisce Pdl e Lega al Pirellone. È in sintesi il piano accusatorio della procura di Milano all’indomani dell’iscrizione per corruzione nel registro degli indagati di Davide Boni, il maroniano, presidente del consiglio regionale lombardo, già assessore all’edilizia. Ovviamente al Pirellone (nella foto, l\’Ufficio di presidenza, da sinistra in piedi: Carlo Spreafico, unico a non aver ricevuto avvisi di garanzia, e Massimo Ponzoni – arrestato per bancarotta e corruzione -; seduti, da sinistra, Franco Nicoli Cristiani – arrestato per corruzione -, Davide Boni – indagato per corruzione – e Filippo Penati – indagato di corruzione e concussione) .
Secondo i pm ci sarebbero infatti elementi, forniti da verbali di interrogatori, che portano a collegare l’inchiesta a carico di Nicoli Cristiani, ex assessore regionale all’Ambiente e ex vicepresidente del consiglio – finito in carcere e poi ai domiciliari per una mazzetta da 100 mila euro – e quella a carico di Boni, ex assessore lombardo all\’Edilizia e al Territorio. Entrambe le indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dal pm Paolo Filippini, metterebbero in luce un «sistema Pdl-Lega» con alla base presunti rapporti di corruzione con imprenditori interessati a permessi e facilitazioni nell’ambito immobiliare e commerciale.
In poche parole Nicoli Cristiani, nei verbali secretati, avrebbe dato informazioni in questo senso: un’abitudine diffusa tra diversi assessori della giunta lombarda. E i pm su questa strada si sono buttati a pesce. «Stando ai primi riscontri, in sostanza, è emerso che alcuni imprenditori interessati a facilitazioni e permessi avrebbero avuto bisogno di oliare con mazzette», fa sapere l’Ansa, «non un solo assessore, ma più di uno. Per questo, gli inquirenti sono convinti di essere di fronte a una rete di rapporti tra assessori con al centro una serie di irregolarità». Insomma, una nuova tangentopoli per finanziare partiti e campagne elettorali. Anche perchè sembrerebbe appurato in ambiente investigativo che non ci sia stato arricchimento personale per Boni e per il suo collaboratore Dario Ghezzi.
Per l’inchiesta -nata da una costola su presunte tangenti che ha coinvolto la passata amministrazione di Cassano d’Adda e che nel maggio 2011 ha portato in carcere l’allora sindaco Edoardo Sala – i due leghisti avrebbero gestito «affari illeciti» e spartito tangenti che l’architetto Michele Ugliola e il cognato Gilberto Leuci avrebbero concordato con alcuni imprenditori, tra cui Luigi Zunino e Francesco Monastero (legato al gruppo Sile Costruzioni). Il tutto affinché alcuni amministratori locali, anch’essi destinatari di parte dei profitti illeciti, favorissero gli interessi immobiliari degli imprenditori in diverse aree di Milano e dell\’hinterland, soprattutto per la realizzazione di centri commerciali. Boni, sempre secondo i pm, avrebbe ricevuto, tra il 2008 e il 2010 quando era assessore regionale all\’Edilizia e al Territorio, buste di contanti anche nei suoi uffici in Regione. Per un totale, tra soldi promessi ed effettivamente versati, di circa un milione di euro.
Infatti negli atti, intercettazioni e verbali trasferiti per competenza ai pm di Monza Mapelli e Macchia che indagano sul sistema Sesto, c\’è anche il riferimento a una presunta promessa di denaro a Boni per ottenere il via libera alla valutazione di impatto ambientale sull’area Falck. Denaro che sarebbe dovuto uscire dal gruppo Zunino, attraverso un giro di fatture, e che doveva essere consegnato al presidente del consiglio regionale dall\’architetto Ugliola. Consegna, però, mai avvenuta in quanto l’accordo non è andato in porto. Resta quindi da capire a) se le promesse illecite si siano trasformate in atti o siano rimaste tali. b) se in futuro scatterà anche l’accusa di finanziamento illecito ai partiti.
Boni, che l’altro giorno ha ribadito la sua estraneità alle accuse, «potrebbe chiedere di farsi interrogare», ha spiegato il legale Federico Cecconi, il tutto in un contesto di «massima disponibilità e dialogo». Il presidente del consiglio dal canto suo ieri non ha detto nulla. Si è fatto vivo solo su Facebook: «Nottata un po’ agitata, ora però sono in ufficio».