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Fonte: La Stampa – Il giro della corruzione in Italia ammonta a 60 miliardi di euro l’anno e corrisponde alla metà di quello europeo». Corte dei Conti: Salvatore Sfrecola, presidente della sezione piemontese, non usa il fioretto per dare il senso della nostra arretratezza nel contrasto ad una delle principali zavorre del «sistema paese». E Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, seduto in prima fila nella sala dove si inaugura l’anno giudiziario ascolta e rilancia: «In Italia c’è un’emergenza corruzione da cui non è esente il Piemonte e che si traduce non solo in gravi danni per l’Erario ma attraverso la sleale concorrenza delle imprese che vi ricorrono crea perturbazione del mercato».
Vietti non ha finito: «L’Europa ci ha messo in mora. Dobbiamo ancora attuare la convenzione di Merida contro la corruzione». Approvata in seno alle Nazioni Unite, era il 2004. E aggiunge: «Si devono istituire un’autorità indipendente per il monitoraggio e la prevenzione del fenomeno, ridefinire meglio i reati contro la pubblica amministrazione e l’utilizzo di fondi neri, correggere i termini di prescrizione per evitare che i processi finiscano tutti allo stesso modo».

Accanto, il vicepresidente del Csm ha il procuratore generale Marcello Maddalena e il procuratore capo Gian Carlo Caselli: non c’è bisogno che alcuno commenti parole così chiare che portano a ricordare come la legge ex Cirielli, una delle tante norme ad personam di questi anni, abbia contribuito a mettere in mora la lotta alla corruzione con l’accorciamento del tempo concesso alle indagini e ai processi.

Il presidente Sfrecola rammenta a sua volta che il Gruppo europeo sulla corruzione (Greco) «ha indirizzato all’Italia 22 raccomandazioni, fra le quali spicca il richiamo all’esigenza di ratificare dal 1999 la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione che renderebbe più efficace il nostro sistema giudiziario nell’azione di contrasto ad un fenomeno che rischia concretamente di essere ulteriormente alimentato dalla scarsità delle risorse pubbliche».

L’osservazione è importante: in tempi di crisi i pagamenti delle pubbliche amministrazioni (stimati in 100 miliardi di euro l’anno) ritardano e «si creano spazi per la corruzione – è un esempio – del funzionario per compiere un atto del suo ufficio». Secondo Sfrecola, la corruzione trova spazio negli «sprechi e nelle inefficienze della amministrazioni pubbliche».

La sua relazione plana sul «grave squilibrio finanziario» emerso dai controlli sul bilancio consuntivo 2010 e quello preventivo 2011 del Comune di Alessandria, non dimentica le «criticità gestionali» di altri enti locali piemontesi, «i fortissimi ritardi nell’adozione e nell’approvazione dei bilanci delle Asl per gli esercizi 2009 e 2010». E apre una riflessione sulla «situazione patrimoniale della Regione: «I beni appartenenti al patrimonio disponibile risultano inventariati per un valore di circa 287 milioni, ma rendono annualmente appena 235.631 euro».

Ancor peggio va per quelli demaniali, valutati «251 milioni e che non risultano produrre reddito». Fra i beni pubblici «suscettibili di un maggiore sfruttamento economico» cita «acque minerali e termali, cave, torbiere e fabbricati».

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