\”Purtroppo non c\’è di che gioire: non è solo una sconfitta della \’ndrangheta; perlomeno, io non leggo questa triste vicenda in questo modo. E\’ una sconfitta di noi tutti. Giorni fa scrivevo che ogni qualvolta un servitore dello Stato passava dalla parte dell\’antistato tutti noi ci indebolivamo. E\’ quello che continuo a pensare, anche in questo triste momento.
E\’ il segno che oramai non si può più parlare di infirltrazione mafiosa, ma di vero e proprio radicamento. Sono dappertutto.
L\’operazione Minotauro ha tolto il velo che permetteva alla \’ndrangheta di agire indisturbata e di fare i suoi affari, e la mia gratitudine va a Giancarlo Caselli, che con il suo lavoro sta colpendo duramente chi pensava di poter agire indisturbato\”.
Così Pino Masciari alla notizia dello scioglimento del Comune di Leinì per \’ndrangheta.
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Fonte: La Stampa – Se lo aspettavano da un momento all\’altro. Se lo aspettavano e temevano al tempo stesso che accadesse. Quando sui vari siti internet ieri, è apparsa la notizia che Leini era tra i comuni sciolti dal Consiglio dei Ministri per infiltrazioni mafiose con Pagani in provincia di Salerno, Racalmuto e Salemi in Sicilia, Gragnano nel Napoletano, Bova Marina e Platì in Calabria, su Facebook in pochi minuti sono apparsi decine di commenti. Commenti di leinicesi per lo più desolati e rammaricati come quello di Donatella Babbini, presidente del comitato «No a tutte le mafie» che dice: «che tristezza.. Comunque così almeno verrà fatta chiarezza».
Gli ex consiglieri di opposizione che avevano invocato una decisione rapida da parte del cdm per evitare di eleggere un nuovo consiglio comunale che rischiava poi di finire commissariato, tirano un sospiro di sollievo. «La decisione non mi stupisce, certo per il paese dispiace – commenta Gianfranco Brugiafreddo – ma i leinicesi sono forti e sapranno superare anche questo. La cosa importante è che la decisione sia arrivata prima della presentazione delle liste. Ora è basilare ricucire il tessuto sociale cittadino e prepararsi al momento in cui, finalmente a Leini, potremo ridare un\’amministrazione normale». Gli fa eco Gabriella Leone, ex capogruppo PD in consiglio comunale: «Certo pensare che il proprio paese venga sciolto per infiltrazioni mafiose, fa male, ma sapremo riscattarci. La cosa importante è che la decisione sia arrivata prima delle elezioni».
E\’ il secondo caso di scioglimento in Piemonte, dopo quello di Bardonecchia avvenuto nel 1995 e per questo fa ancora più scalpore. A Leini il terremoto è iniziato nel giugno scorso con l\’operazione Minotauro, coordinata dal procuratore capo della Repubblica Giancarlo Caselli, che portò in carcere 150 persone tra cui l\’ex sindaco ed ex capogruppo di maggioranza, Nevio Coral, padre del primo cittadino, Ivano. A luglio poi, tra mille polemiche, ad abbandonare il consiglio comunale fu in massa l\’opposizione e ad agosto a palazzo civico si insediò la commissione d\’inchiesta, voluta dal prefetto Alberto Di Pace, con lo scopo di evidenziare se gli inquietanti sospetti su possibili infiltrazioni e condizionamenti della n\’drangheta avessero un fondamento.
La commissione per mesi ha controllato tutti gli atti comunali dal 2005 ad oggi ed è evidente che i condizionamenti ci sono stati, vista la decisione del ministero. A dicembre poi Ivano Coral, sindaco dal 2005, travolto dalle inchieste che oltre suo padre avevano colpito anche sua cognata Caterina Ferrero, ex assessore regionale alla sanità, e esasperato da una maggioranza litigiosa e incapace di prendere decisioni, ha gettato la spugna. «Far spendere 50 mila euro ai cittadini per elezioni inutili – commenta Fabrizio Troiani ex consigliere e segretario cittadino dell\’IDV – sarebbe stato inutile. Fa male, però, a chi è nato e cresciuto a Leini, passare alla storia per comune mafioso».