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Fonte: Quotidiano.net – Almeno sei milioni di euro trasferiti oltre confine. Tramite «complesse operazioni bancarie di ‘esterovestizione’ e ‘filtrazione’ in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa». Come? Lo raccontano al telefono i protagonisti del sistema, cioè l’ex tesoriere leghista Francesco Belsito, l’imprenditore Stefano Bonet, il promotore finanziario Paolo Scala e l’avvocato Bruno Mafrici; per tutti, l’accusa dei pm di Reggio Calabria è riciclaggio. Innanzitutto, gli attori in scena dimostrano di sapere bene che genere di operazioni stanno compiendo. Ecco la telefonata tra Bonet e Scala, durante la quale il secondo fa sapere al primo di essersi fatto rassicurare da Belsito: «Il motivo per quale io ho fatto il mio mestiere ovvero quello dello sbirro… alle volte… è quello di capire: oh… tranquilli non è che domani mattina viene fuori una fogna e.. e andiamo a finire tutti…». «No no ci mancherebbe altro — avrebbe replicato Belsito — non possiamo permetterci una cosa di quel genere, sono tutte delle cose belle chiare e pulite e trasparenti».
Sembra, invece, che tanto pulite non fossero. Tanto che si ricorreva a «due processi di filtrazione» dei fondi dirottati: «È un’operazione in chiaro — spiega Scala — (i soldi, ndr) escono dall’Italia in chiaro… ma vengono tranquillamente… prima di arrivare dove devono arrivare passano… fanno due processi di filtrazione…» Quindi, «operazione tranquilla».

LO STRUMENTO giuridico utilizzato per giustificare i passaggi di denaro è il trust di investimento, come si evince da una telefonata tra Bonet e Scala: «Dobbiamo andare a fare un po’ di giri per andare a far creare quelle strutture necessarie per andare a segregare questi importi e per pilotare gli investimenti», la tortuosa spiegazione di Bonet. Nell’inchiesta reggina spunta anche Romolo Girardelli, faccendiere ritenuto vicino alla cosca De Stefano della ’ndrangheta. Un rapporto consolidato, quello tra Belsito e Girardelli, se è vero che erano di fatto soci (tramite il figlio di Girardelli) nella società Effebi Immobiliare sas. Un rapporto che si incrina nello scorso dicembre. I due litigano, Girardelli accusa Belsito di essersi tenuto per sé alcuni orologi gentilmente elargiti da Mafrici: «Non me ne hai dato neanche mezzo a me…e i soldi che ti sei pigliato da Shampato per i c. tuoi… se vuoi te li faccio vedere i numeri… e poi ti faccio vedere… pure le quote del Sol Levante (uno stabilimento balneare in Liguria, ndr)». Urge traduzione. In questa storia, tutti hanno un soprannome: Belsito è «il sottosegretario», ruolo ricoperto dal lumbard al ministero della Semplificazione, mentre Shampato è Bonet; Mafrici, infine, è «Magilla». Comunque, Girardelli e Belsito arrivano ai ferri corti alla vigilia di Natale. A testimoniarlo, la telefonata del 24 dicembre tra il faccendiere e Stefano Lombardelli (ingegnere che ha lavorato per Fincantieri), dalla quale si intuisce che Girardelli starebbe ordendo una campagna denigratoria a mezzo stampa contro Belsito: «Adesso farò fare tabula rasa, senza pietà. Userò tutti i miei mezzi e le mie conoscenze».

I DUE INTERLOCUTORI concordano sul fatto che l’esponente del Carroccio sia «bastardo dentro». E ancora, «bisognerà distruggerlo». In quelle ore, però, si sta svolgendo «una delle giornate più importanti dell’intera vicenda» legata al denaro che Belsito faceva «giungere a Cipro e in altri Stati a fiscalità privilegiata per un successivo investimento in operazioni immobiliari»: il 23 dicembre, infatti, «veniva effettuato il bonifico». Giro vorticoso di telefonate e sms (28 contatti) per mettersi d’accordo sulla «transazione finanziaria»: a Belsito serve il codice Iban per mettere i soldi su un conto corrente della Tanzania. Detto, fatto.

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