Fonte: Il Corriere della sera – Si divide in tre filoni l\’inchiesta che ha travolto la Lega Nord e il suo leader Umberto Bossi. Una riunione tra i magistrati delle tre Procure che indagano, coordinata dalla Direzione nazionale antimafia, dovrebbe svolgersi entro la prossima settimana e sarà l\’occasione per fare il punto sugli accertamenti già svolti. Ma anche per l\’assegnazione dei nuovi compiti evitando sovrapposizioni nelle verifiche che ormai riguardano svariati capitoli.
Una decisione appare comunque già presa: i prossimi controlli sulle spese della famiglia del Senatur saranno effettuati dai pubblici ministeri di Milano. I colleghi napoletani si concentreranno sugli appalti ottenuti dall\’imprenditore Stefano Bonet con un\’attenzione particolare alle commesse ottenute dal Vaticano, ma anche alle operazioni estere per le quali è già stata contestata l\’accusa di riciclaggio. L\’attenzione degli inquirenti di Reggio Calabria resterà invece puntata sui legami con la \’ndrangheta e in particolare sul ruolo di quel Romolo Girardelli ritenuto il procacciatore d\’affari della «cosca De Stefano».
Sono tre i personaggi chiave della vicenda e il fulcro è certamente Francesco Belsito, 41 anni, tesoriere della Lega dal 2010 e sottosegretario alla Semplificazione nel governo Berlusconi. A Milano è accusato di truffa aggravata per aver falsificato i dati relativi ai rimborsi elettorali e appropriazione indebita per aver utilizzato a fini personali quei fondi. La legge sul finanziamento ai partiti consente infatti l\’uso del denaro pubblico esclusivamente a fini politici e invece Belsito con quei soldi avrebbe pagato le spese della famiglia di Umberto Bossi e ideato spericolate operazioni finanziarie in Italia e all\’estero. Il suo referente per questi investimenti risulta essere Stefano Bonet, 46 anni, titolare di numerose aziende e assegnatario di svariati appalti pubblici. Proprio grazie a queste commesse sarebbe riuscito a ottenere crediti d\’imposta superiori al dovuto.
A Napoli sono entrambi accusati di ricettazione e riciclaggio con altri imprenditori. Stesse accuse vengono contestate a Reggio Calabria, ma con un tassello ulteriore. Nella lista degli indagati della Procura di Reggio figura infatti Romolo Girardelli, procacciatore d\’affari che nel 2002 fu accusato di associazione a delinquere nell\’ambito di un\’indagine sulla «cosca De Stefano» e tuttora viene ritenuto dai magistrati il referente finanziario del clan. Girardelli e Belsito hanno creato una società di consulenza immobiliare con sede a Genova e Girardelli è stato poi assunto in una delle imprese di Bonet.
È questo l\’intreccio di interessi che i magistraticontinueranno a esplorare per capire fino a dove si siano spinti gli affari illeciti di Belsito. Ma anche per capire se, oltre a Umberto Bossi, ai suoi familiari (i figli Renzo, Riccardo e Sirio oltre alla moglie Manuela), a Rosi Mauro, altre persone – in particolare politici e parlamentari – abbiano ottenuto soldi dalle casse della Lega. Nessuno tra loro risulta al momento nel registro degli indagati. Le dazioni sono emerse dalle telefonate intercettate tra Belsito e la segretaria amministrativa del Carroccio, Nadia Dagrada. La stessa funzionaria ha poi confermato che effettivamente una parte del denaro è stato usato a fini non politici. E ha fornito clamorosi dettagli sull\’elenco della spesa con esborsi da centinaia di migliaia di euro per comprare diplomi, lauree, auto, per pagare ristrutturazioni, vacanze, per saldare i conti di medici e avvocati.
La gestione finanziaria illecita è stata confermata dalla stessa segretaria di Bossi, Daniela Cantamessa che ha aggiunto un dettaglio fondamentale per individuare eventuali responsabilità penali: la consapevolezza del Senatur circa l\’utilizzo dei rimborsi elettorali. Da qualche giorno è cominciata l\’analisi della documentazione contabile sequestrata durante le perquisizioni effettuate martedì scorso. E del materiale – anche informatico – trovato negli uffici e nelle abitazioni controllate dai carabinieri del Noe e dalla Guardia di finanza.
Se il quadro disegnato dai testimoni troverà conferma, altre persone rischiano di finire nel registro degli indagati per appropriazione indebita. E in cima alla lista ci sono proprio Umberto Bossi, i suoi figli, sua moglie e Rosi Mauro.