Fonte: Il Corriere della Sera – È un capo \’ndrina riconosciuto anche fuori dalla Calabria Rocco Trimboli, 45 anni, inserito tra i cento latitanti più pericolosi, arrestato questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. Gli davano la caccia da due anni. È considerato un trafficante di droga internazionale di altissimo spessore. L’hanno scovato in una casa di Casignana, un centro preaspromontano della Locride. Era «ospite» di una coppia di anziani, denunciati per favoreggiamento. I carabinieri erano sulle sue tracce da tempo.
I MOVIMENTI – In questi ultimi giorni, alcuni movimenti sospetti di parenti e affiliati alla cosca, hanno dato un’accelerazione alle indagini. La sua cattura, a cui ha partecipato il Ros dei carabinieri, è avvenuta a notte fonda, attraverso uno spiegamento di forze anche elitrasportate che non hanno permesso via di fuga a Trimboli. Il latitante è stato sorpreso nel sonno. Non ha opposto resistenza. In casa non aveva armi. Il suo nome è legato principalmente a due operazioni: Riace e Minotauro. La prima condotta nel 2001, aveva disarticolato le \’ndrine della jonica; la seconda, portata a termine dai carabinieri in Piemonte, dove Rocco Trimboli era stato arrestato assieme ad altre 150 persone coinvolte in’inchiesta che aveva fatto emergere i legami tra \’ndrangheta e politica.
GLI OMICIDI – Dopo gli omicidi di suo fratello Antonio Giuseppe e di suo cognato Pasquale Marando, avvenuti agli inizi degli anni 90, Rocco ha preso in mano le redini della famiglia. Arrestato nel 2003, per associazione a delinquere e scarcerato per decorrenza di termini di custodia cautelare, Rocco Trimboli è diventato uno dei riferimenti più autorevoli nella gestione del narcotraffico internazionale. È considerato un referente di primo piano delle cosche trapiantate in Piemonte e Lombardia. Territori che Trimboli raggiungeva anche durante la sua latitanza per presiedere i summit tra boss delle maggiori famiglie di ‘ndrangheta, riunite per spartirsi gli appalti pubblici.
IL CAPO – La sua presenza era però richiesta anche in occasioni di affiliazioni per nuovi adepti che dovevano prendere i gradi dentro la \’ndrangheta. La potenza del suo ruolo di capo cosca di una delle maggiori \’ndrine di Platì gli ha permesso di sfuggire più volte alla cattura, grazie alla fitta rete di fiancheggiatori. I carabinieri in due anni hanno scoperto decine di bunker utilizzati per la sua latitanza. Rifugi a cinque stelle, dotati dei più sofisticati sistemi tecnologici. Erano stati scavati a Platì, sotto le abitazioni di parenti o affiliati alla cosca.