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Fonte: La Repubblica – \”Con \”Minotauro\” abbiamo \”fotografato\” la nuova \’ndrangheta\”. Lo dice Sandro Ausiello, classe 1949, procuratore aggiunto e responsabile del pool Criminalità Organizzata e della Direzione distrettuale antimafia. Ausiello si occupa della mafia in Piemonte dal \’91: negli anni 90 fu uno dei pm del processo \”Cartagine\”, uno dei più importanti procedimenti contro i terminali torinesi delle cosche calabrese e catanesi. E oggi sarà in aula con Roberto Sparagna e gli altri pm per la prima udienza di \”Minotauro\”.

Procuratore Ausiello, che differenze ci sono tra \”Cartagine\” e \”Minotauro\”, due inchieste che hanno come protagonista la mafia calabrese?

\”C\’è n\’è una fondamentale. \”Cartagine\”, che nasceva dal sequestro a Borgaro Torinese di un carico di undicimila chili di cocaina nascosto in un Tir e destinato alle bande criminali che si erano consorziate in una specie di \”cartello\” facente capo a Sasà Belfiore, permise di sgominare un imponente flusso di stupefacente e successivamente, grazie ai collaboratori di giustizia, di risolvere gran parte degli omicidi di malavita organizzata perpetrati in quegli anni. \”Minotauro\” è andata oltre rivelandoci le strutture della \’ndrangheta operanti sul nostro territorio e la loro diffusione, oltre che i contatti con quella che possiamo definire \”la casa madre\” in Calabria. Che ci fosse una presenza della \’ndrangheta in Piemonte, come del resto in tutto

il nord, lo sapevamo. Ora, dopo \”Minotauro\”, abbiamo individuato le strutture di base come le nove \”locali\”, la loro articolazione e soprattutto le sue infiltrazione nell\’ambito politico-imprenditoriale…\”.

Rispetto a quella operante negli anni 90, la \’ndrangheta scoperta nel corso di \”Minotauro\” appare più evoluta, più sofisticata. È solo un\’impressione o è davvero così?

\”Negli anni 90 ci siamo trovati a fronteggiare una criminalità organizzata più elementare. E quindi più violenta. La cosca Belfiore, ad esempio, oltre a gestire il traffico di droga era abituata a risolvere i conflitti interni e esterni con le pistole. In più agiva come \”longa manus\” delle \’ndrine in Calabria uccidendo non solo i rivali nella sua attività criminale ma anche eseguendo le proprie sentenze emesse dai tribunali mafiosi a sud. Abbiamo accertato ad esempio che l\’omicidio Priolo è stato commesso qui a Torino per conto dello cosca Molè operante in Calabria. Il problema ai tempi di \”Cartagine\” era che gran parte delle persone arrestate (e quindi anche dei pentiti) non era direttamente affiliata alla \’ndrangheta. Si trattava di malavitosi associatisi con i gruppi capitanati da Belfiore e da Saverio Saffioti (dapprima alleati e poi nemici e che invece erano veri \’ndranghetisti) e che quindi non avevano un livello di \”internità\” nella mafia calabrese\”.

I personaggi coinvolti in \”Minotauro\”, invece?

\”Hanno un ben altro livello nell\’organizzazione criminale calabrese. Prendiamo Giuseppe Catalano, che purtroppo si è tolto la vita pochi giorni fa dopo aver ammesso la sua affiliazione alla \’ndrangheta e averne preso le distanze. Era il rappresentante dei \”locali\” piemontesi e aveva rapporti strettissimi con la cosca dei Commisso a Siderno a cui faceva continuamente riferimento. In più ci siamo trovati di fronte ad una mafia apparentemente meno visibile nel settore dell\’illegalità pura (anche se certe attività criminali \”classiche\” non sono certo state trascurate) ma con più ramificazioni nei gangli dell\’economia. Dalle nostre indagini è emersa un\’affannosa ricerca di contatti sia negli ambienti politici che in quelli imprenditoriali per entrare nel giro degli appalti e per stabilire una specie di rete di favori\”.

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