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Fonte: La Stampa – «Abbiamo qualche mela marcia, ma siamo un Paese per bene». Francesco Profumo parla come un saggio maestro di scuola all’ingresso del Teatro Regio. All’interno, la folla è in poltrona da almeno un’ora, in attesa di un dibattito che la tragedia di Brindisi ha reso più attuale che mai, chiunque sia il folle che ha fato esplodere la bomba. Il ministro dell’Istruzione racconta l’attentato visto dalla parte delle famiglie. «Le ragazze ferite erano ricoverate dove non era possibile accedere – dice – ho parlato con gli zii e qualche genitore». Con Profumo c’erano anche Giuliana e Ginevra, due ragazze di Mesagne, il paesino dove abitava Melissa Bassi, la ragazzina uccisa dall’esplosione. «Siamo a Torino per il test di ingresso al Politecnico, vogliamo diventare ingegneri» spiegano con timida sicurezza e poi «abbiamo chiamato i nostri compagni, sono tutti sotto choc. E anche i nostri genitori…».
Sul palco della «Biennale della democrazia», a parlare di legalità e di mafie da sconfiggere sono saliti don Ciotti, accolto da ovazioni da stadio, Gustavo Zagrebelsky, giudice della Corte Costituzionale e presidente della Biennale, il procuratore Giancarlo Caselli e Pino Masciari, un imprenditore calabrese che si è ribellato alla ’ndrangheta. E’ toccato a Ginevra e Giuliana raccontare lo sconforto e l’angoscia, ma anche la solidarietà con un lenzuolo con pensieri e frasi dedicate a loro da coetanei di Torino a da riportare a Brindidi nella loro scuola che non è la stessa di Melissa Bassi, ma nello stesso istituto e loro ogni giorno la raggiungono con lo stesso autobus della ragazza uccisa. Non potevano mancare le ipotesi sull’attentato. Il giudice Zagrebelsky ha parlato di fiducia mancata nelle istituzioni, nello Stato. «Se si parla di trame oscure – ha spiegato – vuol dire che manca questa fiducia».Ma sono state le parole di don Ciotti che hanno infuocato il pubblico, c’era chi in piedi gridava «bravo» quando il don di Libera ha detto: «La mafia si combatte nel Parlamento, a Roma e non solo a Palermo o a Catania» o che «le radici della mafia sono al Sud, ma i frutti al Nord, e la pianta è la stessa». E poi le leggi «quelle sul falso in bilancio che favoriscono le mafie» o «quelle suoi voti di scambio». Leggi che vanno cambiate, perché «così sono inutili» e questo lo ha detto il procuratore Caselli. Il dibattito, davanti a Giuliana e Ginevra, è poi tornato sulla scuola, per la prima volta violentata da un attentato. «La scuola è fondamentale per la democrazia – ha detto il ministro -. e per la lotta contro la criminalità. I ragazzi sanno che sono al sicuro a scuola, e non serve l’esercito davanti agli istituti. L’unica risposta è tornare a scuola».E sono tanti gli studenti, il popolo della democrazia perché: «In Italia ci sono dieci milioni di studenti, con le famiglie sono trenta milioni di persone. Colpire la scuola vuol dire colpire tutti».
Proprio su questo Pino Masciari ha quasi urlato: «La scuola è importante, i giovani sanno che la cultura e l’arma più potente contro le mafie. La politica deve cambiare. Investite nelle scuole, ministro, investite nelle scuole…». E qui il Regio è esploso in un applauso interminabile.