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(AGENPARL) – Roma, 28 mag – 36 ore. E’ il lasso di tempo in cui, tra giovedì e venerdì scorso, non si sono avute notizie di Pino Masciari, imprenditore edile calabrese, oggi testimone di giustizia, che non si è mai arreso ai soprusi della ‘ndrangheta, che ha sempre denunciato e che, proprio per questo, è stato costretto a chiudere la sua impresa, ad andare via dalla sua terra con la moglie e figli, per vivere, dal 1997, nel programma speciale di protezione. Abbiamo ripercorso con lui quanto è successo la scorsa settimana.

“La mattina di giovedì alle 8 ero a Cosenza dove, il mercoledì, ho partecipato allo spettacolo teatrale, all’Università, della ‘Sciaraprogetti’, tratto dal mio libro ‘Organizzare il Coraggio’ e dove abbiamo fatto un corteo in ricordo di Melissa, la ragazza rimasta vittima dell’attentato di Brindisi. Quella mattina dovevo rientrare a casa con la mia scorta che, però, non è mai arrivata. Ho cercato di mettermi in contatto con loro ma vani sono stati i tentativi che ho fatto. Ho chiamato mia moglie e gli amici che avevo lì sul posto, testimoni oculari dell’episodio, per dirle che avevo inviato un fax ed una raccomandata con ricevuta di ritorno al Prefetto della città i cui vivo, comunicandogli che ero stato abbandonato dalla scorta e che avrei, in maniera autonoma, cercato di far rientro a casa. Le istituzioni, di cui mi fidavo, mi hanno lasciato solo, allora non sapevo più di chi fidarmi. Ero nelle loro mani, dello Stato, delle Istituzioni. Ma non è la prima volta. Già altre volte è capitato che mi mandassero solo l’autista, o che si fossero sbagliati con gli orari, o che mi lasciassero con le valigie in mezzo alla città. Evidentemente non mi vogliono in Calabria. Anche il prefetto, o chi poteva avvisare, non l’ha fatto. Né è stata contattata mia moglie. Qui c’è proprio la malafede di qualcuno. Io non chiedo nulla allo Stato. Io ero con la mia valigia e il porta-abiti, a piedi. Dove sarei potuto andare? Se sono andato via da solo, vuol dire che la scorta non mi è venuta dietro. A chi giova tutto questo? Qual è il messaggio che stiamo dando al nostro Paese, all’Italia? L’Italia non ha bisogno di altri spargimenti di sangue, l’Italia ha bisogno di uomini veri che credono di certi valori. Perché dobbiamo riappropriarci dei valori di etica, legalità. Invoco il nostro Presidente della Repubblica perché possa mettere fine a tutto questo. Altrimenti, io sono anche disposto a morire, perché mi sento un servo dello Stato, e non un servo del potere. Perché credo nell’Italia e nella mia Costituzione. Questo è il messaggio che invio ai ragazzi, ma evidentemente a qualcuno non piace\”.
Pino Masciari, infatti, veniva da giorni fitti di incontri. Era stato al Teatro Reggio, con il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, l’ex presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, Don Luigi Ciotti, il magistrato Gian Carlo Caselli, il sindaco di Torino Fassino, a parlare di legalità in occasione della Biennale di Democrazia. L’indomani è andato a Bologna, insignito della cittadinanza onoraria. Da lì ha continuato per Corigliano, comune in provincia di Cosenza sciolto per mafia, per uno spettacolo teatrale organizzato da una scuola “lì l’assenza delle istituzioni c’era tutta – racconta Masciari – non c’era nemmeno una divisa. Quale esempio hanno questi ragazzi, a chi devono credere? E\’ dalle scuole che parte la rivoluzione culturale, e quando colpiscono la cultura, colpiscono il cuore dell’Italia. Io voglio che i giovani possano sperare, ma così li stiamo uccidendo, perché per loro non stiamo facendo nulla.
Qual è adesso la sua situazione, la scorta le sarà revocata definitivamente?
Non lo so, ma se è questa la decisione che hanno preso, io mi attengo a questo. Sicuramente hanno condannato un uomo, dopo avermi già condannato all’esilio. Adesso qualcuno, però, dovrà rendere conto del perché mi hanno lasciato solo. Perché dovrebbero revocarmi la scorta, perché non sono più in pericolo di vita? Se così fosse, sarei felice, perché vuol dire che la ‘ndrangheta non c’è più. Mia moglie e i miei figli sono stati inseriti nel programma speciale di protezione, ma senza alcuna forma di tutela, neanche se dovessero andare in Calabria. Hanno deciso che i miei figli non potrebbero andare neanche a fare un ultimo saluto alla nonna. Di qui a breve loro saranno anche maggiorenni, ma con una vita già marchiata. A cosa è servito l’allontanamento dalla Calabria tanti anni fa? A chi è servito? Agli altri imprenditori come a dire ‘non denunciate perché altrimenti sarete espropriati della vostra libertà?’ Il messaggio dev’essere un altro, quello che lo Stato c’è, perché lo Stato siamo noi tutti. Sono questi i valori che io ho ricevuto e che sto tramandando. Io non volevo procurare allarme, avevo interessato chi di dovere. Qualcuno dovrà rendicontare e dire il perché di tutto questo. Se poi hanno deciso che sono di troppo, che devo pagare per i valori che mi porto dietro, lo accetterò. Ma se mi dovessero fare fuori, è una morte annunciata. Ma la società civile è dalla mia parte. Come può un procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, definirmi ‘collaboratore di giustizia’, colui che è stato coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, come fa a non distinguere il testimone di giustizia dal collaboratore? Oppure è proprio per svilire la mia figura? O alcuni quotidiani nazionali che hanno scritto ‘pentito in fuga da 36 ore’? A chi stanno facendo un favore, a chi vogliono distruggere moralmente e psicologicamente? Mi hanno ucciso per l’ennesima volta. Vogliono che gli altri imprenditori non seguano il mio esempio, perché chi denuncia viene maltrattato, vessato, ‘violentato’? Se lo hanno fatto di proposito, hanno deciso da che parte stare. Ma io sto dalla parte dello Stato.

2 Risposte

  1. Giugno 4, 2012

    […] il messaggio che si vuole trasmettere con questa scelta è facile da immaginare ed egli ne parla in questa intervista, dove fra l’altro dice: “Io sono anche disposto a morire, perché mi sento un […]

  2. Marzo 31, 2016

    […] ‘ndranghetisti, ma anche falsi servitori dello Stato collusi con la malavita. In una recente intervista, Pino dice: “Io sono anche disposto a morire, perché mi sento un servo dello Stato, e non un […]

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