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Da l\’Espresso – La storia dell\’imprenditore calabrese che si è rifiutato di pagare il pizzo, e ha fatto arrestare i suoi estorsori, diventa un docu-film. Che spiega la difficoltà di una scelta giusta e i sacrifici imposti a chi non si piega alla criminalità.
C\’è una lingua d\’asfalto dove corre veloce la vita di una famiglia in fuga, costretta a lasciare le proprie certezze per andare lontano da tutto. E\’ la storia di Pino Masciari, di sua moglie Marisa e dei suoi figli, costretti ad abbandonare la Calabria per aver avuto il coraggio di denunciare, e aver fatto condannare, i boss della \’ndrangheta che chiedevano il pizzo all\’attività di famiglia.
Tutta l\’epica di una scelta che può apparire eroica, e che invece dovrebbe essere la normalità, viene raccontata nell\’intenso documentario di Alessandro Marinelli. Il lavoro del regista porta nel cuore di una vicenda umana e civile che comprende il dramma esistenziale di una scelta estrema e definitiva: entrare in un programma di protezione e lasciare senza preavviso tutto ciò per cui si era vissuti, diventare nessuno, non avere più neanche un nome per sé e la propria famiglia.
Ma la storia dei Masciari è anche un racconto di speranza e riscatto civile: l\’incontro con Don Ciotti, Davide Mattiello di Libera e la nascita delle prime scorte di difesa popolare non violenta, che cambieranno la vita dell\’imprenditore e della sua famiglia.
\”Questi ragazzi sono stati la linfa, mi hanno fatto capire di non essere solo\”, racconta, \”Per lo Stato ero un numero di matricola, ora mi sento di nuovo un uomo\”. E il supporto della gente ha aiutato Masciari a portare avanti il suo dovere di testimone nelle aule di giustizia e, di rimando, rendendo testimonianza anche nelle aule delle scuole e delle università di tutta Italia, insegnando a tutti cosa vuole dire sentirsi una persona con la schiena dritta, quando la normalità è spesso quella di piegarsi alle mafie.
\”Sono nato nel cemento e quella di essere un imprenditore era la mia vocazione sin da piccolo, quando mio padre mi portava con sé nel cantiere di famiglia\”, ci dice Pino Masciari, \”ed il dolore più grande è quello di non poter più esserlo\”.