\”L\’inchiesta di Palermo, condotta con coraggio e competenza dalla Procura, dal Giudice Ingroia, è un tassello importante di un mosaico complesso: il rapporto storico tra mafia e stato. Ci sono parole a cui penso spesso: sono quelle attribuite all\’ex ministro De Michelis da un boss della \’ndrangheta pentito all\’interno di una grande inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti tossici. Parole pesanti come macigni. Difficili da digerire.
La fonte è stata riportata dal settimanale l\’Espresso nel 2005 (che alleghiamo giù in fondo all\’articolo). Il boss raccontando dell\’incontro a pranzo con l\’ex ministro craxiano, dice testualmente: \” faceva lo spiritoso, diceva che senza i politici noi della malavita non saremmo esistiti, e che se la politica avesse voluto spazzarci via lo avrebbe fatto senza problemi. Diceva così perché quell\’anno c\’erano stati gli omicidi di Falcone e Borsellino, ed era stata modificata la cosiddetta legge sui pentiti. Lui diceva che se anche questi pentiti avessero svelato fatti legati alla politica, sarebbe stato un boomerang, in quanto i politici si sarebbero comunque tirati fuori e si sarebbero vendicati. Inoltre parlai con De Michelis di Somalia, armi e rifiuti. Lui sosteneva che i politici avrebbero potuto trasportare qualunque cosa anche senza la collaborazione della \’ndrangheta, e che ci usavano per comodità. Io gli risposi che era vero quello che diceva, ma era vero anche che i politici si potevano sedere in Parlamento grazie ai nostri voti\”.
Le domande che vorrei porvi affrontano vicende apparentemente slegate: perchè, ad esempio, il boss di Vibo Luigi Mancuso, potentissimo capo clan della \’ndrangheta a livello internazionale, è stato scarcerato con 11 anni di anticipo? Perchè proprio nel ventennale delle stragi di Capaci e via D\’amelio? Chi ha paura dell\’inchiesta del Giudice Ingroia? Soltanto i nomi coinvolti nell\’indagine? Perchè il ritorno di Berlusconi in campo si traduce soltanto nella presa di distanza dalla Minetti e non, auspicabilmente, da un uomo \”chiacchierato\” come Marcello Dell\’Utri, ancora ben in sella, anzi il padre nobile della sua nuova avventura? Per non parlare, poi, dell\’inchiesta sulla cosca Valle-Lampada che sta terremotando, con risvolti imprevedibili, tutta la politica calabrese da destra a sinistra.
La verità è amara, tragica, vera: ci sono servitori dello Stato che hanno scelto di riconoscersi nel potere criminale. Continuano, cioè, ad utilizzarlo in modo permanente: una parte della politica si è costruita come vero e proprio antistato. Le mafie sono le sue modalità di sorveglianza e controllo territoriale: un mostro spesso invisibile che si nutre voracemente di malaffare, distruggendo l\’economia legale del paese, inquinando ogni suo interstizio, anche quello più profondo.
Io sono pronto a morire per lo Stato, che sia chiaro. Sono un suo fedele servitore e lo sarò sempre. Spenderò ciò che resta della mia vita a combattere questo stato parallelo che una parte della politica collusa con le mafie ha voluto fortemente in omaggio ad una idea distorta del potere: inteso come mortificazione della persona umana, violenza, prevaricazione, sopruso. Uno stupro contro l\’idea stessa di vita umana.
Organizziamo il coraggio per difendere lo Stato, quello vero, però\”.
__________________
Fonte: L\’Espresso
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/parla-un-boss-cosi-lo-stato-pagava-la-ndrangheta-per-smaltire-i-rifiuti-tossici/2129200
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/dellutri-lo-scandalo-italiano/2187745