\”E\’ sempre preoccupante, oltre che triste, assistere alo scontro tra Istituzioni e servitori dello Stato.
Quello che è successo questa estate è un episodio increscioso, che ha smosso le coscienze e gli animi di chi persegue la verità e la giustizia. Ad ogni costo.
Ma non è più il momento, almeno credo, di alimentare questo scontro, questo incendio con altra legna; credo anzi che sia necessario e imperativo serrare i ranghi ed occuparsi della lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, che soprattutto in questo frangente di crisi sta mettendo in ginocchio il Paese.
Uniti si vince. In ordine sparso si fa poca strada\”
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Fonte: La Repubblica – \”Se si ha a cuore la ricerca della verità, soprattutto in materie di grande delicatezza, si deve pretendere che le indagini e il processo siano immuni da interferenze e da ogni forma di condizionamento. Non giovano a questo risultato tutte le manifestazioni che immettono nel dibattito pubblico letture dei fatti che caricano le vicende processuali di significati impropri\”. Magistratura Democratica, attraverso il suo presidente Luigi Marini, riprende il filo del discorso aperto dal comunicato dell\’esecutivo dell\’altro giorno sull\’inopportunità della sovraesposizione dei magistrati e la ricerca del consenso. Un comunicato criticato (sul Corriere della Sera) dal procuratore di Torino, Giancarlo Caselli che ha accusato Md di avviarsi verso \”sgradevoli forme di normalizzazione\” e attaccato duramente dal \”Fatto Quotidiano\” che ha parlato di \”bacchettate\” e \”siluri\” contro il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia impegnato sul delicatissimo fronte dell\’indagine sulla trattativa Stato-mafia.
\”Secondo me, per una volta, Giancarlo Caselli sbaglia – spiega Marini -. Noi non vogliamo \’normalizzare\’ niente e nessuno. Abbiamo a cuore che tutti i processi, a cominciare da quello sulla cosiddetta \’trattativa Stato-mafia\’, siano celebrati in modo efficace nella pienezza del contraddittorio e nell\’uguaglianza tra le parti. Con questo spirito l\’esecutivo ha reso pubblico quel documento che sta facendo discutere. E lo ha fatto perché Magistratura democratica è vicina a tutti i magistrati che in tante sedi, da Milano a Palermo, da Taranto a Torino a Genova, stanno affrontando, fra mille difficoltà, vicende complesse che coinvolgono interessi di grande rilievo\”.
Siete stati accusati di aver attaccato Ingroia senza nominarlo. E\’ così?
\”Il comunicato non ha citato Ingroia proprio per evitare che il dibattito venisse ridotto a uno scontro tra un\’associazione come la nostra e un bravissimo magistrato come Antonio, che è iscritto a Md. Noi volevamo parlare non solo a lui, ma a tutti i magistrati che a Palermo e altrove imboccano percorsi analoghi. A quelli, cioè, che trattano inchieste delicate e decidono di drammatizzare la situazione e le indagini facendole diventare oggetto di una battaglia politica nazionale condotta sistematicamente sulla stampa e in manifestazioni pubbliche\”.
Ma proprio Md ha sempre sostenuto la libertà e il dovere del giudice di confrontarsi in tutte le sedi della società civile…
\”Certo. E lo ribadiamo. E\’ anche per merito di Md che, oggi, i magistrati possono essere davvero indipendenti e condurre a conclusione accertamenti che riguardano aree dell\’economia e delle istituzioni un tempo sottratte al controllo di legalità, e lo possono fare nella fisiologia delle indagini e del processo. Si tratta di conquiste che dobbiamo tutelare ad ogni costo. Ma quello che sta succedendo oggi è un\’altra cosa. C\’è un dibattito del tutto legittimo. Ci sono alcuni magistrati (tra loro, certamente, anche Ingroia) che vi partecipano con passione. Ma il punto è che questi stessi magistrati stanno conducendo inchieste delicatissime. E questo genera inaccettabili sovrapposizioni e consente vere e proprie strumentalizzazioni. Mi spiego: se uno è d\’accordo con Ingroia su temi di grande interesse istituzionale di cui si dibatte, è automaticamente iscritto agli amici e difensori di chi combatte in prima fila la mafia. Se uno non è d\’accordo con Ingroia finisce nel calderone dei nemici delle inchieste antimafia, quasi quasi diventa un amico della mafia. Queste schematizzazioni non sono accettabili. O tutto è criticabile da tutti, oppure è meglio che chi riveste ruoli così delicati, si astenga dal buttarsi nello scontro dialettico in prima persona. Altri, più esterni ai processi, possono e devono parlare a suo favore\”.
Insomma, secondo Md, lo scontro politico mette a rischio il processo?
Può accadere, e per questo abbiamo messo in guardia dalla crescente drammatizzazione che circonda le indagini palermitane. Perché può diventare un problema per l\’accertamento dei fatti che ha solo nel processo la sua sede naturale. Aprire un dibattito su questi temi e riportarli sul giusto terreno delle regole e delle garanzie è una scelta che abbiamo fatto privilegiando il metodo del confronto, anche interno\”.
Perché dice che Caselli sbaglia a darvi dei \”normalizzatori\”?
\”Perché il problema e mal posto e non è questo l\’oggetto della questione. Io penso che in un Paese democratico non possano esistere zone franche immuni da controllo e allo stesso modo credo che anche tra di noi non esistono realtà e persone sottratte al normale confronto. Alla fine, mi limito a rivendicare quello che Md rivendica da quando esiste: ossia la necessità che la magistratura sappia essere insieme indipendente e responsabile\”.