\”Ai mercati generali il lavoro nero non c’è\”
Amministratori e commercianti: \”Il racket? Chiacchiere\”
Viaggio nel cuore del Caat. I consiglieri comunali di Torino, Marco Grimaldi (Sel), Roberto Carbonero (Lega Nord), Andrea Tronzano (Pdl) e Pino Masciari, in qualità di membro permanente della commissione Legalità, hanno fatto visita l’altra mattina al Centro agroalimentare di Grugliasco.
Tre ore in giro nel Centro tra stand e uffici a far domande sulla gestione e la legalità per conoscere dall’interno la struttura. Il refrain? Il lavoro nero e le fatture. I consiglieri hanno fatto più e più domande su quanti immigrati tentano tutte le notti di entrare per lavorare.
Il lavoro nero
«Non ci sono più i numeri di anni fa – garantisce Osvaldo Guala vicepresidente -. Si parla di circa 15 o 20 persone a notte e vengono fermate dai vigilanti. Perché chi dà lavoro rischia grosso, fino al penale». Anche i controlli fiscali in una struttura dove ogni anno circolano 5,2 milioni di tonnellate di frutta e verdura interessano i consiglieri. (…)
Vendita del Caat
Anche l’ipotesi di vendita del Caat è stata messa sul piatto. «Nulla di più di voci di corridoio, nessun atto della giunta Fassino – ammette Tronzano -, ma certo il Centro agroalimentare è una miniera d’oro». Un’ipotesi che non convince il presidente Giuliano Manolino. «Secondo me un’illazione – replica -, non ho avuto nessun sentore e nessun segnale di vendita». E i grossisti? «Per me è no – dice Quirico -. Troppi punti interrogativi. Forse anni fa, oggi diversi usano i soldi risparmiati per sostenere la propria azienda».
Chiusure
Perché le difficoltà ci sono. «Io so di almeno due o tre aziende che hanno problemi a pagare i fornitori» ammette un grossista. E lo sfratto di un collega avvenuto a inizio estate è nella memoria. Anzi, davanti al Caat, ci sono proprio i Pegoraro, titolari della «Frutta del Roero», sfrattati per alcune mensilità non pagate. Loro ci sperano ancora di rientrare. «Pagavamo 5 mila euro al mese tra affitto e spese del Caat e con la crisi alcuni clienti non ci hanno più pagato mettendoci in difficoltà dicono -. Ma non siamo i soli. Poco tempo fa un altro ha chiuso per gli stessi motivi. Noi continuiamo a chiedere di rientrare, ma non abbiamo risposte». Nel lungo «serpentone» del Caat il loro stand chiuso quasi non si nota. Perché con 1500 persone che lavorano e centinaia di clienti al mattino il Centro è un bazar di cassette esposte e muletti in movimento.
La Stampa 29.09.13 – P.Romano