Due incontri tra studenti e ragazzi dei presidi locali, la sera istituzioni e cittadini
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tutte le foto..serata al salone d\’onore
Il salone d\’onore del municipio è affollato: persone di tutte le età aspettano di sentire Pino Masciari, diventato ormai un simbolo di resistenza moderna. Egli stesso si ritiene un partigiano del XXI secolo. Quindi quale città più adatta ad ospitarlo, se non Cuneo, Medaglia d\’Oro alla Resistenza, patria di Duccio Galimberti, eroe nazionale della Resistenza? Tra i presenti vedo molte faccie incuriosite, probabilmente non sanno chi è Pino, o ne hanno sentito parlare solo marginalmente.
A vederlo così, non si direbbe di avere di fronte un uomo dalla forza e dal coraggio straordinario, ma appena inizia a parlare, in sala cala il silenzio. Pino racfconta la sua storia, a tratti s\’interrompe per controllare l\’emozione. Parla del profondo senso del dovere e dello Stato trasmessogli dai genitori e dai nonni, dei suoi sogni, delle sue spetranze infrante il giorno in cui decise di compiere un\’azioni estremamente normale, quasi banale: denunciare per estorisione chi gli chiedeva il pizzo. Per aver fatto un\’azione normale in un paese normale, si è trovato catapultato all\’inferno. Pino è l\’esempoi vivente che l\’Italia è un paese malato, in cui regnano le mafie, sostituitesi ormai al governo.
Pino legge poi l\’intervento della moglie Marisa su un giornale, a cui racconta l\’inizio del calvario. Un silenzio assordante regna nella sala: la folla è totalmente rapita; due due ragazzini delle medie seduti in prima fila sono talmente protesi in avanti che rischiano di cadere dalle sedie.
Parla dello Stato, incapace di combattere le mafie, ormai mescolate alle Istituzioni. Racconta del programma di protezione sbrindellato e dei sacrifici che i suoi cari affrontano insieme a lui; della sua situazione di deportato ed esiliato.
Colpisce l\’amore incondizionato della moglie Marisa, che l\’ha sempre seguito ed appoggiato; colpisce la loro scelta, la più difficile di tutte, che pochi hanno il coraggio di fare, in Italia.
Pino conclude con una domanda che è come un pugno nello stomaco: \”Io ho fatto la mia parte. Voi cosa avete intezione di fare?\”
La paura è legittima, ma se ognuno di noi fa la sua parte, le cose possono cambiare.
Tutti insieme si può vincere la Mafia e l\’unico mezzo è denunciare ciò che non va, ricorrendo al normale senso civico.
Gli applausi sono interminabili e sentiti. Pino ha lasciato il segno, anche a Cuneo.
Sara
mattina al cinema Monviso
Chi ha partecipato all’incontro del 26 novembre tra Pino Masciari e i circa trecento studenti di Cuneo, non si dimenticherà facilmente di ciò che ha visto e sentito. La sua coscienza (perché tutti ne abbiamo una) non glielo permetterà. Non potrà far finta di niente, dopo aver udito le sue parole. Le parole di un uomo che dalla vita aveva tutto.
Era ricco, aveva una famiglia, la sua impresa edile faceva affari d’oro in Calabria e all’estero. Solo una cosa non andava: tutto ciò che ci stava intorno. Era il periodo delle grandi stragi di mafia, quelle che uccisero Falcone e Borsellino.
In Calabria intanto ancora nessuno osava parlare di ‘ndrangheta. Ma Pino lo fece. Denunciò quel sistema fatto di collusioni politico-mafiose che si era ormai infiltrato in tutta la società calabrese, dal negozietto sotto casa all’azienda con 500 operai. Fece i nomi e i cognomi di quelli che gli chiesero il pizzo. Raccontò tutto ai magistrati: dai mafiosi che volevano il 3% ai politici che ambivano al 6%. Partirono le indagini e i criminali iniziarono a pagarne le conseguenze. Ma la loro risposta non si fece attendere. Telefonate piene d’insulti e minacce nel pieno della notte, furti d’attrezzature nei cantieri e colpi di lupara contro i macchinari. Ma Pino non cedeva. E allora decisero di gambizzare suo fratello. Perché le mafie operano così: se proprio non ti decidi a piegare la testa, te la fanno pagare colpendo i tuoi cari.
Così nel 1994 Pino decise di chiudere l’azienda e licenziare quei pochi operai che rimanevano. Tre anni più tardi venne inserito nel programma di protezione dei testimoni di giustizia e spedito in una località segreta. Per più di dieci anni lui, la moglie e i loro due figli non sono più potuti tornare in Calabria, nella loro casa. Hanno vissuto sotto scorta, isolati dalla società.
Quei trecento studenti che hanno ascoltato Pino per quasi due ore col fiato sospeso avevano gli sguardi seri e pensierosi. Forse il 26 novembre quei ragazzi hanno capito cos’è un Uomo. Hanno capito che ormai di eroi il nostro paese ne ha avuti troppi. E soltanto quando le loro azioni (come non aver piegato la testa alla prepotenza politico-mafiosa) rientreranno nell’ambito del normale, potremmo dire che sarà cambiato qualcosa. Ma tutto ciò dipende dalla nostra volontà.
Oscar
Bellissimo racconto, sempre suggestivo da leggere.. Ma quando ci sono ste grandissime persone anche una carezza, emoziona..
Un abbraccio
Sentirti parla re ieri sera è stato davvero commovente. Ogni volta che sento la tua storia aggiungo dei pezzi a quello che già so e mi rendo conto di non sapere mai abbastanza della tua vicenda…
Ma ogni volta sempre di più mi si riempie il cuore di gioia perchè so che non sei solo e mai ti lasceremo solo! 🙂
un bacione
Caro Pino,
ho già iniziato a fare il conto alla rovescia delle ore che mi separano dalla tua conferenza nell’auditorium della mia scuola a Chieri. Sentir parlare della tua storia attraverso le tue parole credo sia un’esperienza incredibile e commovente. Grazie mille per quello che tu e la tua famiglia state facendo per tutti noi..non mollate!!
Elena(Nene)
Ciao Pino, sono Marianna, una studentessa dell’alberghiero di pinerolo…bè, ti posso dire che sono rimasta senza parole stamattina, i tuoi discorsi mi hanno commosso e fatto venire la pelle d’oca!!!!
6 un grande uomo,ma anche un grande esempio per tutti noi!!!
GRAZIE DI CUORE!!!!!!
Marianna
Le tue parole aggrediscono la coscienza di una calabrese che, seppur disgustata, sa di non avere il tuo stesso coraggio.
Tengo sempre presente il tuo esempio.
Con infinita stima
Carmen
Ciao Carmen….ma insieme? Nessuno è esente dalle paure ma il coraggio arriva se ci scopriamo in tanti, uniti nei valori. Non sentirti meno degli altri perchè siamo tutti nella stessa barca. E’ che a volte ci sono scelte obbligate: così non è più sostenibile e per fortuna abbiamo l’esempio, il modello da seguire che arriva da una splendida famiglia: i Masciari. Erano 4…ora sono migliaia…. ce la facciamo! In tanti ce la facciamo! Credici!
Pino fin quando ci saranno Persone come Te,i ragazzi ,gli uomini come noi non perderanno la speranza di riuscire a curare il mondo malato in cui siamo,grazie per averciportato verso un “nuovo paradigma” e indicato la strada giusta da percorrere ,anche se in salita ,ma …..via Maestra!!
Dino
Ass. NUOVO PARADIGMA
CUNEO
Avremo qualcosa da insegnare ai nostri futuri figli,come Tu stai facendo ora con i Tuoi .
Un abbraccio fraterno
Grazie Pino di quello che hai trasmesso a tutti i presenti contina cosi’.
Davide
Ass. NUOVO PARADIGMA
CUNEO
Cuneo ti aspetta!!!
Sei appena partito ma già ci manchi!
Torna presto! Loredana
Grazie Pino per la tua forza e il tuo coraggio!
Sei un esempio da seguire; io al tuo posto avrei scelto la strada più facile del non dire.
Meno male che non sono tutti come me!
Grazie ancora per l’intensa giornata passata insieme.
Ti aspettiamo per la cittadinanza onoraria.
FORZA PINO!
Sara
Associazione NUOVO PARADIGMA – CUNEO
Quelli come te , persona veramente ONOREVOLE, dovrebbero essere in Parlamento al posto di tante incapaci “cariatidi”
I veri DEMOCRATICI sono con te
Francesco
Carissimo Pino,
con estremo piacere ho ascoltato il tuo dibattito, ho conosciuto una realtà che non conoscevo e che purtroppo molti non conoscono.
Spero che il tuo messaggio sia diffuso il più possibile e che tu ritorna ad avere una vita normale, anzi migliore, visto la tua determinazione per la giusta causa.
Con piacere ti informo che ho “postato” un messaggio sul mio blog, in cui ho descritto la tua storia: http://fysis.it/243/legalita-e-giustizia/pino-masciari
Ciao
Aldo
“Siamo tutti Pino Masciari” non lo posso dire, perché non ho la malavita alle calcagna (né la vorrei avere, ovviamente), ma spero di riuscire a trasmettere almeno un po’ di solidarietà.
Grazie!
Mario