Commemorare l’omicidio di Bruno Caccia oggi e a Torino in Commissione Antimafia con la presidente nazionale On. Rosy Bindi è particolarmente rilevante, così come è grave che l’ uccisione del magistrato a distanza di trent’anni sia avvolta dal mistero di intrecci pesanti.
Restituire chiarezza e giustizia alla rettitudine morale di un grande magistrato è fondamentale per riconsegnare regole e contegni al nostro paese.
“Ciò che non si conosce è il commando di fuoco che ha sparato e che il 26 giugno del 1983 ha ucciso il procuratore capo di Torino Bruno Caccia. E’ stata la ‘ndrangheta e la mente è Domenico Belfiore. “Caccia era inavvicinabile e i calabresi erano terrorizzati da questa rettitudine morale”. Cosi, la Cassazione, nel 1992, ha condannato il boss di Moncalieri all’ergastolo e ha chiuso mezza vicenda. Mezza appunto. Tutta colpa della ‘ndrangheta?”
Il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Torino, Dottor. Bruno Caccia, aveva assunto l’incarico per dirigere con intelligenza,intransigenza e rettitudine una Procura del Nord Italia, ove all’interno si trovavano magistrati non del tutto probi nello svolgere la loro professione.
Il miscuglio tra colletti bianchi – scandalo dei petroli – ed organizzazioni criminali di stampo mafioso ha fatto il resto.
Certamente il Suo essere magistrato è stata la spinta per sbarazzarsi di un Giudice inavvicinabile, il cui comportamento intransigente non dava alito alle indagini per essere avvicendate dall’esterno, con la complicità dei suoi colleghi titolari delle inchieste che a Lui si rivolgevano.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un Magistrato, che curava ogni aspetto delle Sue indagini,che senza essere oggetto di calunnie,ha dimostrato di essere ligio alla Sua testimonianza di validissimo Magistrato.
Grazie!…
E, quindi, non potevano dall’esterno cercare di fare ” ammorbidire” un determinato procedimento penale che li riguardasse,servendosi dei colleghi della Procura che facessero da intermediari.
Da questo punto di vista, il Giudice Bruno Caccia era irreprensibile.
Grazie!…
Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io. Luigi Pirandello
Caro Pino Masciari,
Il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Torino, Dottor. Bruno Caccia, aveva assunto l’incarico per dirigere con intelligenza,intransigenza e rettitudine una Procura del Nord Italia, ove all’interno si trovavano magistrati non del tutto probi nello svolgere la loro professione.
Il miscuglio tra colletti bianchi – scandalo dei petroli – ed organizzazioni criminali di stampo mafioso ha fatto il resto.
Certamente il Suo essere magistrato è stata la spinta per sbarazzarsi di un Giudice inavvicinabile, il cui comportamento intransigente non dava alito alle indagini per essere avvicendate dall’esterno, con la complicità dei suoi colleghi titolari delle inchieste che a Lui si rivolgevano.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un Magistrato, che curava ogni aspetto delle Sue indagini,che senza essere oggetto di calunnie,ha dimostrato di essere ligio alla Sua testimonianza di validissimo Magistrato.
Grazie!…
E, quindi, non potevano dall’esterno cercare di fare ” ammorbidire” un determinato procedimento penale che li riguardasse,servendosi dei colleghi della Procura che facessero da intermediari.
Da questo punto di vista, il Giudice Bruno Caccia era irreprensibile.
Grazie!…