Pino Masciari: Il potere della \’ndrangheta viene sottovalutato, gli intrecci che questa notizia ci espone (qualora ne venga avvalorata la sua fondatezza) va\’ oltre il pensiero di molti, ma non dobbiamo stupirci più di tanto, dobbiamo solo indignarci e lottare contro questo scempio sociale.
\”Ragazzo ucciso in Calabria, spunta lo 007 vaticano
Un sacerdote in contatto con il servizio segreto della Santa Sede interviene nell\’inchiesta su un omicidio commesso in Calabria. Un mistero su cui proseguono le indagini.\”
Il servizio segreto del Vaticano, “l\’Entità” che da quattro secoli spia per conto della Santa Sede, è intervenuto nelle indagini su un delitto di ndrangheta in Calabria. Una vicenda dai risvolti ancora misteriosi che viene rivelata da Lirio Abbate sul numero de “l\’Espresso” in edicola domani.
Una storia che comincia con l\’omicidio di un diciottenne, assassinato nel dicembre 2009 a Taurianova, alle pendici dell\’Aspromonte. Il ragazzo è stato ucciso da un killer solitario mentre festeggiava il compleanno di un\’amica. La vittima, Francesco Inzitari, è il figlio di Pasquale, un politico e imprenditore di Rizziconi arrestato nel maggio del 2008 con l’accusa di essere colluso con i clan.
Di fronte all\’omertà dei testimoni, vengono messi sotto controllo i telefoni. Cinque giorni dopo una delle testimoni riceve un sms: «Ciao Angela, ti sei ripresa un po’? Se vuoi qualcosa non farti problemi a chiedermela. Non preoccuparti: sappiamo chi è stato. A presto». A scriverlo è un giovane prete, Giuseppe Francone, originario di Polistena, che all’epoca aveva 25 anni e affiancava il parroco di Rizziconi. Il padre della ragazza chiama il sacerdote per chiedere spiegazioni.
E Don Francone gli risponde di conoscere sia l\’esecutore che i mandanti. Poi si mettono d’accordo: non bisogna dire nulla.
I magistrati della procura di Reggio Calabria che conducono l’inchiesta convocano il prete. Ma don Francone si giustifica e minimizza. Spiega solo di «aver sentito alcune voci in parrocchia sui possibili autori del delitto che sono vicini alla famiglia Crea» e di averne parlato in Curia.
Dopo la deposizione, grazie a una cimice nascosta sulla sua auto, i carabinieri registrano una sua telefonata. Il sacerdote chiama il Vaticano e chiede di parlare con la segreteria di Stato. Poi si fa passare un ufficio di copertura dei servizi segreti del Santo Padre e si presenta al suo interlocutore con un codice numerico di sei cifre. A quel punto domanda di «monsignore Lo Giudice», a cui fa rapporto. Accenna all’ipotesi che qualcuno, forse dell’intelligence vaticana, possa avere «interferito» con le indagini. Evoca verbali e archivi, custoditi in Calabria, farà un controllo per vedere cosa emerge su Crea e Inzitari. Infine dice: «L’unica cosa che mi hanno chiesto è che se acquisiamo informazioni di fargliele avere». Ma sottolinea che prima di passare le informazioni ai magistrati vuole trasmetterle in Vaticano, in modo tale che possano «lavorarle» a Roma.
L’unica foto disponibile di don Francone sulla sua pagina Twitter lo mostra mentre stringe la mano a papa Francesco. Nel 2012 ha lasciato la Calabria e si è trasferito in una parrocchia del quartiere Prati, a pochi passi da San Pietro. L’ipotesi investigativa è che dietro l’uccisione del diciottenne ci sia una vendetta. Una punizione di sangue del clan Crea nei confronti del padre, Pasquale Inzitari, che assieme al cognato Nino Princi avrebbe fatto sapere alla polizia come catturare il padrino latitante Teodoro Crea. E la famiglia Crea dispone di relazioni romane molto forti, anche tra uomini dello Stato. Una vicenda su cui il gip ha ordinato di compiere nuove indagini.
[fonte: L\’Espresso]