\’Ndrine, potere illimitato: è quanto emrge dalla relazione annuale della Dna. Che conferma: colonizzato il Nord Italia, clan sempre più influenti all\’estero. E organizzazioni criminali più pericolose del paese.
Tutta la potenza “illimitata” delle ‘ndrine in 1110 pagine di relazione: è quanto contenuto nel documento annuale della Direzione Nazionale Antimafia, dal quale arrivano conferme pesanti sul ruolo della ‘ndrangheta al Nord, nell’imprenditoria, nell’economia.
Risorse finanziarie infinite, rapporti con l’estero, la ‘ndrangheta – o meglio, le ‘ndrine – sarebbero le organizazioni criminali più pericolose dell’intero territorio nazionale. Più di Cosa Nostra, in crisi dopo l’arresto di alcune figure di spicco che comunque “non devono indurre in errore facendo ritenere che” da soli possano “disarticolare in maniera definitiva l’organizzazione”.
Un potere che – come scrive Paola Ceretta su Notitia Criminis – fa della ‘ndrangheta “una presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ognipotere politico ed amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale“.
Calabria, Lombardia “colonizzata” (”in mano ai calabresi“, come iintercettato di recente), ma anche Liguria, Piemonte, Toscana, Lazio, Umbria. E non solo: appare ormai consolidata la presenza delle cosche in tutto il mondo, come confermato dagli arresti della recentissimaoperazione “Il crimine 2“ a cavallo tra Oceania, Europa e America, e dai dati del Fondo Monetario internazionale, secondo il quale il riciclaggio complessivo riferibile alle ‘mafie’ ”ammonterebbe a 118 miliardi di euro” mentre ”il denaro ‘pulito’, al netto del riciclaggio, e’ stimato attorno ai 90 miliardi l’anno di cui 44 sarebbero di spettanza della ‘ndrangheta, la piu’ potente e ricca delle organizzazioni criminali italiane”.
Una smisurata capacità economica che sarebbe alla base dell’espansione territoriale delle cosche, su modelli principalmente imprenditoriali, e ”non attraverso un modello di semplice imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli organizzativi e di azione dei gruppi mafiosi“.
Sarebbe, si legge nella relazione, “un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione su un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso”. Logiche che – come spiega Giuseppe Pignatone, procuratore Antimafia di Reggio – imporrebbero azioni di contrasto sistemiche, e mai meramente emergenziali.
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