Dopo gli arresti effettuati nei giorni scorsi nell\’operazione \”Aemilia\” sta emergendo la forza del potere \’ndranghetista. Collusioni (a dire il vero non propriamente nuove) con il Vaticano, intercessioni da parte della massoneria e cosa gravissima, con la Corte di Cassazione. Questo dimostra sempre più che c\’è tanto lavoro da fare perchè le maglie di questo cancro sociale sono estese negli ambienti più impensabili!
‘Ndrangheta, gli agganci dei boss di Cutro con Vaticano, massoneria e Cassazione.
Dal versante calabrese dell\’inchiesta \”Aemilia\” sul clan Grande Aracri emergono contatti che dal paese del crotonese arrivano ad altissimi livelli. Monsignor Costantini (non indagato) si sarebbe interessato del trasferimento di un detenuto. Manovre sulla suprema Corte per annullare un arresto. E il ruolo delle logge, \”per risolvere i problemi su Roma\”
Massoneria, Vaticano e Cassazione. Il boss Nicolino Grande Aracri riusciva ad aprire porte che la ‘ndrangheta di Cutro, paese in provincia di Crotone, neanche immaginava. Quanto scritto nel decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale di Catanzaro lascia intendere che i 46 arresti di ieri, nell’ambito dell’inchiesta “Aemilia” che in Emilia Romagna ha portato in carcere altre 117 persone, sono solo l’inizio di un’indagine che rischia di svelare retroscena impensabili per chi crede che le cosche mafiose siano solo un’accozzaglia di uomini con la coppola e la lupara.
Non è un caso, infatti, che quando è stato arrestato Nicolino Grande Aracri, il cui clan è egemone anche in Emilia, i carabinieri hanno sequestrato anche una spada simbolo dei cavalieri di Malta. La Procura ha messo le manette ai polsi anche a un noto imprenditore di legnami, Salvatore Scarpino detto “Turuzzo”, affiliato alla ‘ndrangheta ma soprattuto, secondo i magistrati, si tratta di un uomo che “per conto della consorteria cutrese si impegna in operazioni finanziarie e bancarie, e mantiene contatti diretti e frequenti con il capo locale Grande Aracri Nicolino”, ponendosi “da intermediario tra questi e altri soggetti estranei all’associazione al fine di consentire l’avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati”.
È lo stesso Scaprino che, intercettato, spiega l’importanza del rapporto tra boss e massoni: “Ho un problema, per esempio, lo vedi per esempio ho un problema su Roma, qualsiasi tipo di problema… Gli dico io ho questo problema. Loro hanno il dovere … siccome è una massoneria, siamo. Cioè uno, quando uno di noi ha un problema, si devono mettere a disposizione… E devono risolverlo il problema”. Ecco perché – scrivono i magistrati – “le indagini hanno portato alla luce un allarmante aspetto relativo al livello di relazioni, sociali ed istituzionali, che l’organizzazione criminale è in grado di tessere per le necessità ed i fini della stessa”.
In sostanza, grazie alla massoneria, alcuni soggetti pur se non affiliati alla ‘ndrangheta sono in grado di assicurare al sodalizio entrature nelle sedi istituzionali più disparate come quelle della Chiesa e della magistratura, per garantire, – è scritto nel provvedimento di fermo – “’pressioni’ e capacità di intervento circa le vicende processuali degli affiliati”.
Il troncone calabrese dell’inchiesta “Aemilia”, infatti, ha svelato la capacità del boss Nicolino Grande Aracri di muoversi con facilità nei corridoi del Vaticano e, addirittura, di arrivare fin dentro le stanze della Suprema Corte di Cassazione.
Secondo la Procura, infatti, la cosca di Cutro ha cercato di aggiustare un processo a Roma per far annullare la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva confermato l’arresto per Giovanni Abramo, cognato del boss Grande Aracri. Quella sentenza è stata annullata con rinvio dalla Cassazione ma la Dda non è riuscita ad accertare il coinvolgimento di un magistrato. È stato arrestato però, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Benedetto Stranieri, un ex maresciallo dei carabinieri diventato avvocato, il quale avrebbe avvicinato “soggetti – scrivono i pm – gravitanti in ambienti giudiziari della Corte di Cassazione, anche remunerandoli, al fine di ottenere decisioni giudiziarie favorevoli ad Abramo Giovanni”.
Qualcosa si inceppa e i telefoni iniziano a fornire elementi utili agli inquirenti che sospettano ci sia stato quantomeno un tentativo di corruzione. Dopo la sentenza favorevole, infatti, la cosca non avrebbe ricompensato gli avvocati Benedetto e Lucia Stranieri. Proprio quest’ultima, intercettata, si sfoga con il fratello: “Io ho fatto figure di merda con l’avvocato di là… figure di merda con questo qua… figure di merda con il giudice perché ho detto che è parente mio”.
Dai contatti di alcuni esponenti del sodalizio, inoltre, è emersa la figura di tale Grazia Veloce, una giornalista residente a Pomezia, “soggetto asseritamente molto vicino a personalità di rilievo del Vaticano e della politica italiana”. È lei che presenta l’avvocato Stranieri al boss Nicolino Grande Aracri il quale, nel corso di una conversazione, vantava i suoi buoni contatti nella capitale: “Noi a Roma abbiamo buone… buone amicizie… buone strade”.
Una di queste porta in Vaticano ed è stata intrapresa dalla cosca di Cutro per tentare di far trasferire sempre Giovanni Abramo (detenuto per associazione mafiosa e omicidio) dal carcere di Sulmona a quello di Siano, a Catanzaro, in modo da stare più vicino alla famiglia. Un tentativo che non riesce, ma che consente ai magistrati di verificare la capacità della consorteria di Cutro di infiltrarsi nel mondo ecclesiastico.
Nicolino Grande Aracri si era rivolto all’amica giornalista in stretto contatto con il monsignore Maurizio Costantini, nunzio apostolico e, nel 1995, “cappellano di sua Santità”. Un prelato, non indagato, che sarebbe capace di smuovere cardinali su richiesta di Grazia Veloce la quale avrebbe favorito il boss (come risulta da alcune conversazioni) anche per alcuni “investimenti ed affari in Montenegro”.
La giornalista e il monsignore si sentono e i carabinieri annotano le loro conversazioni, così come quelle intrattenute con la moglie dell’affiliato che doveva essere trasferito di carcere. L’incontro in Vaticano avviene e Grazia Veloce (intercettata dai carabinieri) lo comunica subito ai parenti del detenuto: “Il nostro piccolo Giovanni tra una settimana starà vicino casa sua”. Il monsignore manda i saluti alla moglie di Abramo: “Ha detto che è stata generosa e splendida. Gli ha lasciato 500 euro che lui ha preso volentieri per i suoi poveri”.