A Brescello arrivano i commissari. E non sono i compagni di partito di Peppone. Sono quelli inviati dalla prefettura di Reggio Emilia che devono verificare se sussistono o meno le condizioni per lo scioglimento per mafia. Anzi, per \’ndrangheta. Già, perché qui, in questo paesone di 8mila anime, sulle sponde del Po, è la \’ndrina Grande Aracri a dettare legge. Brescello è, secondo i magistrati della procura antimafia di Bologna e i carabinieri che hanno condotto l\’inchiesta Aemilia con 117 arresti e oltre 200 milioni di euro sequestrati, il centro di comando del clan, il feudo padano. E in effetti nelle loro informative, gli investigatori, scrivono senza troppi giri di parole che le elezioni comunali di questo municipio sono state condizionate dalla \’ndrangheta, che avrebbe persino costituito una lista civica. È dal 2012 che “l\’Espresso” racconta di come è cambiato il volto di questo paese tranquillo, noto ai più per aver fatto da set cinematografico agli episodi di Peppone e don Camillo.
Ma non per tutti Brescello è quello descritto dalla carte giudiziarie e dalle inchieste giornalistiche. L\’attuale sindaco per esempio davanti alle telecamere del collettivo Corto Circuito ha dichiarato: «Francesco Grande Aracri(il boss ndr) è una persona educata, gentile». Insomma, una persona perbene. Dopo la pubblicazione della video inchiesta dei giovani cronisti reggiani e pubblicata dalla Gazzetta di Reggio è divampata la polemica. Il sindaco eletto con il Pd però non ha fatto un passo indietro, anzi. Difeso dai cittadini, dal parroco e dagli imprenditori locali, è andato avanti.
Fino a oggi, quando tra le mani gli è arrivato il decreto della prefettura che annuncia l\’arrivo dei commissari, i quali avranno tre mesi per studiare carte e documenti e redigere una relazione da mandare al prefetto. A quel punto la palla passerà al Viminale che dovrà decidere se sciogliere o no il Comune di Peppone e don Camillo. Se verrà sciolto, sarebbe il primo municipio emiliano a essere chiuso per mafia.