La \’ndrangheta non ha mai smesso di agire nel suo disegno malavitoso che da anni imperversa in tutto il mondo. La cosa che stupisce, ma poi nemmeno tanto, è che gira che ti rigira sono sempre gli stessi nomi a salire alla ribalta della cronaca malavitosa, nomi ben noti a noi che ne abbiamo parlato sempre in passato ma soprattutto a Pino Masciari che con queste cosche vi si è scontrato e delle quali alcuni boss denunciati e fatti condannare ma che, passati gli anni, sono sempre li a delinquere. Non ci stupiamo più di questo paese!!!
‘Ndrangheta, così le cosche vibonesi gestivano il narcotraffico internazionale
Gli investigatori si soffermano sulla tripartizione del potere tra i clan della provincia. Il ruolo dei Fiarè, il collegamento con il gruppo di Mileto e le ndrine di San Calogero
I clan della ‘ndrangheta vibonese stipulavano accordi direttamente con i “cartelli colombiani” per l’importazione della cocaina in Italia. Più che una novità, un’ulteriore conferma di ciò che era già emerso in altre operazioni. Da “Decollo” ad “Overing” fino a quella di oggi che convenzionalmente gli investigatori della Guardia di Finanza hanno denominato “Stammer”. Un’inchiesta che conferma quanto già si sapeva, il predomino delle cosche vibonesi nel narcotraffico internazionale.
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Il ruolo dei Fiarè. Secondo l’inchiesta un ruolo fondamentale era svolto da Filippo Fiarè (nella foto), reggente dell’omonimo clan a seguito della detenzione del fratello Rosario. Gli inquirenti lo ritengono a capo della cosca egemone a San Gregorio d’Ippona e sovraordinata rispetto alla “minore” di Mileto. Il suo coinvolgimento nell’ambito del contesto investigativo emergeva soprattutto durante le fasi relative alla “raccolta” del denaro funzionale al pagamento della partita di droga poi sequestrata al porto di Livorno.
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Il gruppo di Mileto. Nel corso delle indagini, gli 007 delle Fiamme gialle hanno registrato comunicazioni telefoniche tra Filippo Fiarè e quelli che nel decreto di fermo vengono indicati come i suoi adepti: Salvatore Pititto e Fortunato Lo Schiavo. Entrambi sono, a loro volta, ritenuti esponenti di spicco del gruppo di Mileto, collocati tra coloro che avrebbero promosso, diretto e organizzato le importazioni transnazionali dello stupefacente curandone tutte le fasi, dalla pianificazione sino alla consegna, oltre all’approvvigionamento sul territorio. A capo del gruppo – secondo gli inquirenti – c’era Pasquale Pititto che, in quanto detenuto, avrebbe demandato la gestione delle attività della ‘ndrina al cugino Salvatore Pititto, il quale assolveva il suo compito con l’ausilio di Rocco Iannello e Fortunato Lo Schiavo. Quest’ultimo avrebbe accompagnato Salvatore Pititto ai summit con gli esponenti delle ‘ndrine di San Calogero e di San Gregorio per pianificare l’importazione di droga. Alle dirette dipendenze di Salvatore Pititto emergevano alcuni soggetti in incaricati di specifici compiti, in particolar modo, la vendita e il trasporto della coca sul territorio, garantendo, in caso di necessità, supporto logistico. Secondo l’accusa a svolgere questo ruolo sarebbero stati Antonio Massimiliano Varone, Domenico Iannello e Massimo Pannaci. Al primo veniva demandata, tra le altre cose, la gestione delle conversazioni con gli esponenti del cartello colombiano ai quali avrebbe fornito anche un continuo supporto logistico occupandosi, in particolare, di ospitare i narcos al loro arrivo in Italia anche nella propria abitazione. Domenico Iannello e Massimo Pannaci avrebbero svolto le funzioni di pusher, con operatività anche in altri ambiti territoriali al di fuori dell’hinterland vibonese. Secondo le risultanze investigative, Iannello aveva tra i suoi acquirenti soggetti di stanza nel Salento ed in Sicilia mentre Pannaci curava i rapporti lungo l’asse tirrenico: da Napoli fino in Toscana passando per Roma e arrivando a toccare anche le piazze di spaccio del Milanese. Non avevano ruolo di comando, ma avrebbero fatto parte del gruppo con posizione di subordine altri quattro indagati, Giuseppe Pititto, Gianluca Pititto, Fortunato Baldo e Antonio Fogliaro che si muovevano alle dipendenze di Salvatore Pititto. Il gruppetto – secondo l’accusa – avrebbe gestito lo spaccio di marijuana a Mileto, utilizzando il circolo “Le Iene” come base logistica di stoccaggio della droga. Una pagina del decreto di fermo è dedicata alla “donne” del sodalizio criminale, ovvero a Mariantonia Mesiano, Osksana Verman e Vania Luccisano, le quali avrebbero certificato il loro pieno coinvolgimento collaborando con i propri “uomini” nella gestione degli affari illeciti.