Oggi vi proponiamo un\’interessante lettera che, seppur lunga vi consigliamo di leggere, rivolta al Presidente della Repubblica Mattarella (in questi giorni in Calabria) scritta da Ilario Ammendolia, ex sindaco di Caulonia ed oggi opinionista del quotidiano “cronache del Garantista” e del settimanale “la Riviera”.
Calabresi, vittime di una strategia antimeridionale che grida vendetta
Benvenuto Signor Presidente,
È così tanto il rispetto che proviamo nei Suoi confronti e per il Suo ruolo che non Le faremo il torto di scrivere una lettera retorica e ruffiana.
Lei è il terzo presidente della Repubblica che viene nella nostra Terra. Pochi anni fa, all’indomani del delitto Fortugno, abbiamo avuto la presenza di Carlo Azeglio Ciampi. Oggi Lei è qui perché la Locride è stata scelta – e non a caso – come luogo di incontro dei familiari delle vittime delle mafie.
Ancor prima è venuto il presidente Giuseppe Saragat e ha visitato San Luca per rendere omaggio alla memoria di Corrado Alvaro. Il nostro conterraneo, importante scrittore e giornalista, che qualche anno prima aveva scritto un editoriale sul Corriere della Sera in cui affermava che i calabresi si sentivano altra cosa rispetto allo Stato perché lo Stato aveva abbandonato la Calabria.
Editoriale più attuale che mai!
In Aspromonte, Saragat non ha parlato di ‘ndrangheta e non perché fosse reticente. In quegli anni, in gran parte della Calabria la mafia non c’era affatto, esisteva in qualche angolo remoto ed era, comunque, un fenomeno assolutamente marginale… I “mafiosi” si riunivano in qualche oscuro anfratto per parlare di “corna”, di “onore”, o del furto di qualche animale.
Le cose sono cambiate quando è iniziata un’opera di distruzione sistematica del nostro fragile (ma dignitoso) apparato produttivo e la conseguente fine della nostra civiltà. In poco tempo le terre divennero incolte, le montagne arse, le mille botteghe artigianali chiuse, le piccole industrie conobbero una crisi senza fine.
Lo “Stato” ha programmato un esodo di massa perché invece di creare lavoro al Sud è stato più comodo spostare manodopera a basso costo verso il Centro-Nord. Una scelta calata dall’alto che fece diventare i nostri paesi spettrali, le strade deserte, le case ruderi di alcun valore. A un popolo di lavoratori instancabili e tenaci è stato inoculato il virus dello scrocco, dell’assistenzialismo, del vagabondaggio, della subalternità.
Da questa scelta tragica e scellerata nasce la ‘ndrangheta!
Non giudichi col metro della mafia siciliana o della camorra napoletana che hanno altre origini e altra storia.
È doloroso dirlo ma in Calabria, per decenni lo Stato ha generato ‘ndrangheta senza mai combatterla! Anzi vi sono stati ministri e alti rappresentanti dello “Stato” che l’hanno utilizzata come strumento di governo. Si pensi al summit di Montalto!
Oggi verranno letti i nomi delle vittime di mafia. Non conosco il loro numero, ma so bene che vanno tutte onorate, perché sono tutte “nostre” allo stesso modo.
Nella stragrande maggioranza si tratta di commercianti, muratori, agricoltori, liberi professionisti. Rocco Gatto era un mugnaio, Marino un bravissimo chirurgo, Scuteri un muratore, Simonetta un avvocato, De Maio un sindaco, Futia un dipendente comunale, la signora Speziale una donna molto stimata nella sua comunità. Potrei continuare all’infinito….
Per fortuna nostra – e lo diciamo con autentico sollievo – non è mai stato toccato un solo capello, nè forata la gomma di una bicicletta a un magistrato, a un deputato, a un questore, a un prefetto. Ne consegue che le centinaia di vittime della ‘ndrangheta uccise in questi ultimi trenta anni appartengono al popolo calabrese.
Rifletta Signor Presidente,
le vittime sono carne e sangue del nostro popolo ma sul banco degli imputati sono riusciti a mettere “i calabresi” con un’opera di diffamazione lucida e calcolata che non ha riscontri nella storia.
Chi clicca Calabria vi troverà a fianco la parola ndrangheta! È questa la vittoria di coloro che hanno voluto ridurre la Calabria a una sola dimensione: quella criminale!
L’hanno fatto per logiche di potere esterne e contro la nostra Regione e che nulla hanno a che vedere con la lotta alla ‘ndrangheta.
Io apprezzo i sacrifici di coloro che combattono la criminalità ma, al di là della loro volontà, molti degli “eroi” che occupano la scena sono stati funzionali a questo perverso disegno.
Le darò un riscontro inoppugnabile.
Dinanzi alle migliaia di vittime di mafia vi sono almeno il doppio di vittime innocenti della “giustizia”.
Non parlo di errori giudiziari ma di innocenti finiti in carcere. È forte e legittimo il sospetto che l’alto numero degli incatenati sia servito per conquistare le prime pagine dei giornali e i titoli di apertura delle televisioni nazionali. In due sole “brillanti operazioni” (leggi giustizia sommaria) oltre duecento innocenti hanno varcato le porte del carcere: vittime di una strategia antimeridionale che grida vendetta al Cielo. Di molti di loro rivedo il volto : alcuni morti di infarto, altri di angoscia, molti di crepacuore.
Oggi, sono molti a dire che il popolo calabrese non partecipa alla “lotta alla ndrangheta”. Si tratta di un falso storico, di un luogo comune, di un paradigma che va corretto perché in questi anni l’unico argine che ha retto all’espansione mafiosa è stato quello costruito – in silenzio e a prezzo di enormi sacrifici e di molte vittime – dal popolo calabrese. È vero invece che i calabresi si rifiutano di diventare marionette dell’indecente teatro della falsa lotta alla ‘ndrangheta.
Signor Presidente,
Lei probabilmente non leggerà mai questa lettera sicuramente incompleta e di scarso valore.
Quindi lo scrivo “a futura memoria”: non si vincerà la ‘ndrangheta se lo Stato non ripenserà al suo modo di essere in Calabria.
Non ci può essere lotta alla ‘ndrangheta che non sia anche lotta per l’attuazione della Costituzione che continua a essere ignorata e calpestata soprattutto nella nostra terra.
Qualora Ella volesse vedere il punto preciso in cui la ‘ndrangheta nasce non faccia come l’on. Bindi. Non vada in elicottero a Polsi. Trovi il modo di ascoltare il rantolo profondo di quella parte della Calabria che non ha più voce.
Noi, siamo uomini di uno dei tanti “Sud” del mondo. Siamo europei collocati nel cuore del Mediterraneo.
La Repubblica Italiana nata dalla Resistenza ci appartiene e La sentiamo profondamente “nostra”!
Lo “Stato” continua a ignorarci, a combatterci e a tenerci “fuori”, a “escluderci”, commettendo un grave errore e un imperdonabile sopruso!
Nella misura in cui lo può, non lo consenta oltre Signor Presidente,
noi siamo convintamente “non violenti”, democratici, “partigiani” della Costituzione. Non abbiamo nostalgie neo-borboniche, nè idee separatiste.
Questa Terra però è piena di comprensibile rabbia, di grande amarezza, di giusta collera che potrebbe esplodere in qualsiasi momento con conseguenze facilmente prevedibili.
E non è questo che vogliamo!
Vorremmo invece che l’occasione di una Sua prossima visita fosse l’approvazione di una legge per il diritto al lavoro o per garantire la stessa assistenza sanitaria a tutti i cittadini italiani. Signor Presidente,
realizziamo un Monumento ideale a tutte le vittime di mafia, ma utilizziamo come mattoni il sacrificio di tanti innocenti finiti nelle galere, il sangue dei nostri emigranti caduti in mezzo mondo, il sudore dei nostri tenaci contadini scacciati dalla terra, l’amarezza dei nostri giovani disoccupati, le sofferenze dei nostri ammalati senza cure, l’umiliazione della Calabria diffamata.
E col sangue dei nostri martiri scriviamoci sopra “Onore, Dignità e Riscatto per il Popolo Calabrese”!
Autore: Ilario Ammendolia – fonte: larivieraonline.com