Milano è la rivelazione, l\’ultima in ordine di tempo, ma in tutta Italia vi sono Comuni che potrebbero tranquillamente definirsi alla pari del Comune calabrese di San Luca. La presenza della \’ndrangheta ha ramificazioni in ogni luogo e ad ogni livello politicco, istituzionale ed imprenditoriale. È ora che la politica, quella onesta, si svegli è dia una forte sferzata a questo male sociale prima che di tempo non ce ne sia più. Il sistema \’ndranghetista sta sempre più aumentando il suo raggio di applicazione e se non si fa qualcosa, non parleremo più di \”Milano come San Luca\” ma di \”Italia come San Luca\”!
la Pm. Alessandra Dolci
Maxi operazione contro la \’ndrangheta: \”Milano come San Luca\”
Milano, 27 settembre 2017 – Milano come San Luca. La Lombardia succursale della Calabria. Sono lontani i tempi in cui qualcuno diceva che «la mafia non esiste». La verità è che Milano è stata in questo ultimi sette anni flagellata dalle inchieste sulle infiltrazioni delle mafie. E i fatti hanno dimostrato che la Lombardia è un territorio di conquista, che fa gola ai malavitosi per il business.
«Alla ‘ndrangheta…vogliono mettere in piedi a San Luca. Volevano fare la cosa tipo mafioso. San Luca a Milan…al nord…capito?». È quanto si legge nella trascrizione di una delle intercettazioni ambientali raccolte come prove nell’ambito della maxi indagine. La conversazione intercorre tra Massimo Salvatore Sculli e Rosario Sarcone, due dei principali punti di riferimento della ‘ndrangheta a Seregno, e si verifica proprio a casa di Sculli. I due parlano di Antonio Callipari, di San Luca, e Giuseppe Giorgi, considerati i vertici della «locale» monzese. Proprio questi ultimi sono considerati i responsabili di una «fusione» fra clan che aveva lo scopo di ampliare l’attività illecita: «Da un anno e mezzo sono cresciuti! Da quando sono con Antonio (Callipari) lì c’è stata fatta una fusione».
Dal tenore delle intercettazioni, secondo i pm, emerge che tra Milano e San Luca i movimenti di droga e denaro sono consistenti. I pm hanno infatti considerato che l’organizzazione aveva a disposizione auto con doppio fondo in grado di movimentare fino a 50 chili di cocaina a settimana, «perché rimane comunque la droga la maggiore fonte di reddito per la ‘ndrangheta», come ha sottolineato il pm antimafia Sara Ombra. E anche da quanto emerso nelle ordinanze, notificate proprio per il traffico internazionale di stupefacente, le quantità a disposizione non sono mai inferiori a qualche chilo. I magistrati hanno di conseguenza documentato numerosi viaggi per portare il denaro che proveniva dal traffico in Calabria. Ma ciò che di più gli imprenditori calabresi cercavano di importare a Milano da San Luca erano i «metodi mafiosi» del ricorso all’antistato. «Emerge sempre di più la situazione della convenienza: io mi rivolgo all’antistato per ottenere benefici sapendo perfettamente che agisco con persone legate alla criminalità organizzata. Oggi questo è il sistema e posso dirlo dopo sette anni di indagini sulla ‘ndrangheta», ha commentato l’aggiunto Ilda Boccassini. «Le investigazioni – prosegue – hanno portato a far emergere come infiltrarsi nel tessuto istituzionale sia di una facilità estrema. Non tutti denunciano, imprenditori ed esercenti». E non a caso la pm Alessandra Dolci l’ha definita «mafia silente».