Nove anni da quel tragico 25 ottobre 2012 quando, sulla sera tra Soriano Calabro e Pizzoni, provincia di Vibo Valentia, veniva ucciso per errore in un agguato di ‘ndrangheta il giovane Filippo Ceravolo.
La sua storia è diventata ora anche un libro, scritto da Maria Maiolo e intitolato “Vite spezzate”.
Non riesco ad immedesimarmi nel dolore del padre, della madre, dei familiari per una perdita così assurda e violenta. Come può un padre andare avanti dopo una sofferenza così atroce? E’ inconcepibile un dolore così grande da sopportare per un genitore.
La forza di andare avanti può arrivare solo dalla sete di giustizia, non intesa come vendetta ma come conforto.
Vi riporto integralmente la commovente lettera della sorella di Filippo, Maria Teresa Ceravolo. Prendetevi 5 minuti per leggerla tutta, non c’è bisogno di aggiungere altro…
“Sono passati 9 anni ma io ancora sento il tuo profumo, sento il suono della tua risata. Sento i tuoi passi, sento la tua voce che mi chiama. Sono passati 9 anni ma per me è come se il tempo si fosse fermato a quel 25 ottobre. Come lo spiego al mondo che tu eri il mio di mondo? Il mio fratellino, il mio migliore amico. Mi manca tutto di te, mi manchi nei gesti più semplici e quotidiani che inconsapevolmente rendevano migliori le mie giornate, rendevano migliore me. Mi manca abbottonarti la camicia e aggiustarti le maniche, me lo chiedevi sempre e io amavo farlo, amavo prendermi cura di te, vederti crescere e prendere la tua strada che non era mai lontana dalla mia. Mi manca stare abbracciati sul divano a guardare un film. Mi manca vederti gironzolare per casa. Mi manca sentire lo stereo della macchina ad alto volume. Non è facile superare una mancanza quando la presenza è stata tanto forte, quando un rapporto è stato così importante e prezioso. Ho due bellissimi figli, un compagno che mi ama, la nostra famiglia che mi ama ma io mi sento come se fossi un puzzle bellissimo a cui manca un pezzo. Bellissimo sì ma pur sempre incompleto e per quanto ci si impegni a guardarlo nell’insieme l’attenzione sarà sempre catturata da quel pezzo mancante. Alla fine, i pezzi che contribuiscono a renderlo bello sono tanti rispetto a quell’unico pezzo che manca ma non è indifferente soprattutto se a mancare è il pezzo centrale, quello che più degli altri contiene forme e colori fondamentali.
Io non ho mai accettato la tua perdita. Come si fa? Qualcuno sa spiegarmi come si fa? Qua nessuno ha il libretto d’istruzioni amore mio? Nessuno sa gestire una tragedia così grande. Ti lascio solo per la prima volta in vita mia, ti lascio bello come il sole nel tuo lettino attaccato al mio nella nostra stanza in salute, sano, felice e spensierato e ti ritrovo steso in una bara bianca ma anche là bello come il sole. Ho sperato con tutta me stessa di svegliarmi da un brutto sogno; invece, no e non ho ancora realizzato che tu, amore mio, non ci sei più. Aspetto ancora che la porta si apra, che la tua macchina arrivi, che la tua voce mi chiami. Non ho avuto il tempo di realizzare, non c’ero lì quella sera a tenerti la mano e a dirti di non avere paura. Non ho avuto nemmeno il tempo di sperare, di pregare; come se il destino avesse deciso solo all’ultimo di strapparti via e l’ha fatto con fretta, senza scuse e senza permesso. La mia testa ripropone in flashback continuamente quegli applausi, un fiume di gente, il profumo di quelle rose bianche attorno a te, gli occhi persi di papà e di mamma ed io bloccata, gelata nel mio corpo, in un tempo indefinito a fissare quella bara, quella gente.
Sono troppi i momenti belli che abbiamo vissuto insieme. Abbiamo condiviso tutto da quando sei nato. Certo, la mia vita senza di te è andata avanti ma io mi sento intrappolata in quel dolore viscerale impossibile da spiegare, in quel giorno maledetto. Un dolore a cui supplico la tregua ma con cui non ho ancora imparato a convivere. Non riesco ad andare avanti o forse non lo voglio fare, per paura che il tempo senza te diventi più di quello con te; per paura che i momenti importanti senza te diventino di più rispetto a quelli con te. Ho paura di lasciar andare quei piccoli dettagli, per paura che il ricordo di te si assottigli. Li ripasso infinitamente nella mia testa per fissare ogni piccolo particolare. Ti rivedo nella dolcezza di tua nipote Martina che ti ama come se ti avesse conosciuto. Sei il suo angelo e sa che tu la proteggi da tutto e tutti. Ogni volta che chiamo il mio piccolo Filippo è come se chiamassi te. Lui è la tua fotocopia; lo stringo, lo bacio, chiudo gli occhi e mi sembra di riavere te. Ho sempre pensato di farcela invece la mia mente non ha retto trasferendo il dolore al mio corpo. L’ansia mi devasta con degli attacchi di panico che mi lasciano mentalmente e psicologicamente provata. Senza vergogna mi sono rivolta ad uno psicoterapeuta. Ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di imparare a convivere con questo dolore lancinante. Ce la metto tutta per farcela, per i miei figli, per Simone, per mamma e papà e so che tu mi aiuterai a essere forte. La felicità non penso che farà mai parte della mia vita ma mi basta raggiungere la serenità. La vera felicità sarà sempre celata dalla tua mancanza. Dopo nove anni, forse per la prima volta pubblicamente voglio dire una cosa: chi sa parli. Mio fratello meritava una moglie, dei figli, meritava di vivere! Avete ucciso un ragazzo di soli 19 anni che nulla aveva a che fare con le vostre guerre! Se Filippo fosse stato vostro figlio? Ci avete mai pensato? Perché Filippo potrebbe essere vostro figlio. Come fate a guardare i vostri figli sapendo di aver ucciso quello innocente a un padre e a una madre? Avete spento il nostro sorriso ma il sorriso di Filippo non morirà mai. Il nostro non è mai stato un addio ma un arrivederci! Proteggi i tuoi nipoti, la tu piccola Giusy, mamma, papà, Simone e proteggi anche me. Dacci tu la forza. Solo tu puoi davvero. Ti amerò per sempre Filippo mio, sei in me e con me per sempre.
Tua Teta”.