Vivrà a lungo Pino Masciari, l’imprenditore calabrese, già cittadino onorario di Ivrea, che con coraggio ha denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni con il mondo della politica, che nel suo libro “Organizzare il coraggio” scrive “Ogni persona che viene a conoscenza della mia storia mi allunga la vita di un giorno”.
Ed ora nella loro fitta rete di amici Pino Masciari e la moglie Marisa, hanno anche Raphael Rossi, ex vicepresidente di AMIAT, che ha denunciato un tentativo di corruzione nell’azienda torinese, e il circolo territoriale del Pd di Caluso, che lo scorso mese al Teatro S. Andrea ha organizzato l’incontro su ‘Legalità e senso civico: le istituzioni hanno ancora voglia di occuparsene?’. I Masciari e Rossi sono uniti da un profondo senso di legalità e di giustizia che pervade le loro esistenze. Sollecitati dagli avvocati Lauretta San Giorgio e Mauro Bianchetti, Pino Masciari e Raphael Rossi hanno raccontato le loro storie nate dagli stessi valori per il quali hanno messo in gioco il loro futuro. E anche la vita nel caso di Masciari.
La storia di Pino e della sua famiglia è una storia di coraggio e di legalità, di onestà e di trasparenza, che comincia nel 1994, quando finalmente l’imprenditore calabrese incontra qualcuno disposto ad ascoltare le sue denunce. La ‘ndrangheta lo accerchia, lo vessa, gli impedisce di lavorare. Ma non c’è solo la malavita. Perché se questa pretende il 3% sugli appalti, la politica vuole il 6%. Masciari racconta tutto. Fa nomi e cognomi, porta testimonianze precise, arriva al cuore del sistema. Le sue denunce hanno contribuito a mandare in carcere una cinquantina di esponenti della ‘ndrangheta, appartenenti alle famiglie più pericolose della Calabria. Per questo deve lasciare la Calabria ed entrare nel programma di protezione speciale come testimone di giustizia. “nella notte del 17 ottobre 1997 con mia moglie e i miei due figli che avevano uno e due anni – ha raccontato Masciari – ho lasciato la casa e la mia terra per sempre”. Comincia da qui una storia incredibile di esilio e di isolamento. Paradossalmente la sua figura di testimone di giustizia dovrebbe prevedere sicurezza. Ma questo non avviene. Pino, Marisa e i due figli vivono in un limbo: non hanno un nome di copertura, non possono rientrare a casa, vengono spostati in località sempre diverse, sono senza scorta. Nonostante ciò Masciari continua ad avere fiducia nello Stato, a testimoniare e raccontare quello che ha subito. Sarà la società civile, in particolare ‘associazione Libera di don Ciotti, ad occuparsi di lui e a salvarlo con una fittissima rete di amicizie e di sostegno.
Come Masciari anche Rossi nella sua battaglia contro la corruzione all’inizio viene lasciato solo, costretto a pagarsi le spese legali dopo aver ‘scoperchiato’ con la sua denuncia un presunto episodio di corruzione all’interno dell’Amiat (il processo è alle prime battute), che aveva portato all’arresto (anche se per poche ore) dell’ex presidente dell’Amiat Giorgio Giordano.
“Abbiamo ritenuto da subito, dal momento stesso della nostra elezione – sottolineano Ilaria Minelli, segretaria del circolo e il suo Vice Oscar Ghedin – che la difesa della legalità, in tutte le sue forme e a tutti i livelli, dovesse essere un tema centrale della nostra attività. Riteniamo che chi, come Pino e Rapahel, persegue ideali di legalità e giustizia, non solo a parole, ma nei fatti, stravolgendo la propria esistenza e, spesso, a rischio della propria vita e di quella dei propri familiari, debba ricevere il sostegno non solo della società civile, ma anche e soprattutto delle Istituzioni e della politica. Per questo il nostro primo atto formale è stato invitare questi due uomini al nostro circolo”.
articolo tratto dal Quotidiano Calosiese