Il 26 giugno 1983, esattamente quarantuno anni fa, il Procuratore della Repubblica di Torino, Bruno Caccia, fu trucidato dalla ‘ndrangheta. I sicari agirono di domenica, proprio in un giorno in cui il Procuratore aveva scelto di rimanere senza scorta. Le sue indagini avevano messo in luce l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto sociale piemontese. Il lavoro del Procuratore Caccia ha senz’altro dato impulso a considerare la globalità e la pericolosità di un’associazione criminale che, ormai è assodato, ha ramificazioni in tutto il mondo ed è una holding intercontinentale per il traffico della droga.
Tuttavia ancora ho l’impressione che in territorio piemontese non ci sia la piena consapevolezza di quanto la ‘ndrangheta sia in esso radicata, né le azioni di sensibilizzazione e di contrasto messe in atto dalle amministrazioni siano sufficienti e di conseguenza pienamente efficaci.
Ricordare è necessario, ma da solo non basta. Si deve ricordare non solo per rendere omaggio a chi ha sacrificato la propria vita per il bene comune, ma anche per maturare una piena coscienza di quanto la ‘ndrangheta tocchi tutto e tutti e per rendere ancora più evidente la necessità di non lasciare solo chi la combatte quotidianamente.
La lotta alla ‘ndrangheta dovrebbe essere un obiettivo condiviso da tutti… finché non lo sarà davvero, ogni azione di contrasto sarà importante ma mai pienamente efficace a fermare questo mostro criminale.