A 71 anni è morto Guido Gallo Stampino. Vittima della \’ndrangheta, denunciò il boss in aula. La sua è stata un vita in prima linea contro il racket mafioso. Oggi i funerali nella chiesa di Cerro Maggiore
La mafia che uccide senza sparare. Capita in Lombardia. Lo sa bene la signora Lina. Moglie coraggio di Guido Gallo Stampino, morto a 71 anni dopo otto ore d\’intervento chirurgico per mettergli a posto quei quattro bypass collezionati in oltre dieci anni vissuti nel terrore della mafia e dei suoi squallidi personaggi. Sì, perché al di là delle grandi inchieste sui collegamenti politici, legittime e doverose, quello che resta, vive e sopravvive sopra tutto è la macelleria mafiosa che non ha colore politico. E Guido Gallo è stato una vittima di questa macelleria.
Vittima della \’ndrangheta che ti estorce sangue e denaro protetta da un\’omertà tutta lombarda. Estorce senza pensarci e solo per imporre il potere per il potere. Per entrare nel negozio di abbigliamento di Stampino provarsi un abito di marca e uscire senza pagare. Il boss, la moglie del boss, i figli del boss, gli amici del boss. Il boss che ha un nome e un cognome: Francesco Sergi nato a Platì, vissuto a Buccinasco, oggi destinato al carcere a vita, imparentato con Antonio Papalia capobastone della mafia calabrese al nord. E con lui, i cognati: i fratelli Zavattieri che il carcere lo hanno vissuto, ma ora abitano tranquilli a due passi dalla casa di Stampino, nel paese di San Vittore Olona dove nell\’estate 2008 due killer a volto scoperto uccidono il boss di Guardavalle Carmelo Novvella.
È mafia che fa paura questa. Nessuno ne parla. Poco i giornali, niente i politici. Eppure questo pomeriggio ai funerali di Stampino celebrati nella chiesa del suo paese, Cerro Maggiore, la società libera affollava le navate. C\’erano volti di vecchi e bambini. Generazioni a confronto, unite contro persone che hanno nomi, cognomi e stirpe. C\’era la scorta di Guido e c\’erano Frediano Manzi e Paolo Bocedi che con Stampino hanno condiviso le battaglie contro il racket mafioso. Le loro parole commosse hanno riannodato la vita coraggiosa di questa persona per bene.
Una vita che cambia in una notte insonne, quando Stampino decide di denunciare. Lo fa alla grande: in aula di fronte al boss. Lui, Francesco Sergi lo indica e lo riconosce davanti ai giudici. Certo la cosa non va giù al padrino che così gli risponde: \”La mia vita adesso è qua, ma la tua è fuori e i soldi tu me li devi dare\”. Un augurio non proprio amichevole per quei 100 milioni ricevuti in prestito. Guido Gallo paga ogni fine del mese. E ogni volta quelli vengono in dieci. Sono amici e parenti che in negozio fanno quello che vogliono. Ci sono i Sergi e gli Zavatteri, gente di \’ndrangheta che fa affari in ogni campo: dalla droga agli appalti. E i politici? Tacciono se va bene, in altri casi acconsentono. E così a Guido Gallo tocca trovare anche una testa di maiale fuori da un suo negozio di Busto Arsizio. È il 2003. Sei anni dopo, la gentaglia mafiosa fa di più. Decide di rapirlo. Lo preleva appena fuori dal suo negozio. Lo porta in un campo, lo imbavaglia con lo scotch e lì lo lascia non prima di averlo minacciato per l\’ennesima volta.
Ora Guido Gallo Stampino è morto. Ucciso da un infarto e dalla mafia. Celebrato nella chiesa gremita di un piccolo paesino del ricco Varesotto. Tanto lontano dagli scandali della cricca, ma tanto, troppo vicino alle storie che ogni giorno di più vanno in scena in Lombardia, nuova meta degli affari mafiosi.
Davide Milosa – Il Fatto Quotidiano