Eccolo «o ninno», il capo dei Casalesi ricercato da 14 anni e passa. Quando esce dal portone principale della Questura di Napoli sorride e si concede ai flash dei fotografi. Si scompone solo quando qualcuno dalla folla gli urla: «Uccidetelo», rivolgendo al coraggioso contestatore uno sguardo ammonitore. Poi, tesa china, viene infilato in macchina e via verso il carcere di Poggioreale, dove soggiornerà per poco visto che l\’aspetta il 41bis, il carcere duro, così come preannunciato dal Guardasigilli Alfano. È l\’ultimo fotogramma della giornata, e della latitanza, di Antonio Iovine, 46 anni, a capo di uno dei cartelli criminali più pericolosi d\’Europa. «Questa è l’antimafia dei fatti», ha comentato raggiante il ministro Maroni. E l’autore di «Gomorra», Roberto Saviano: «Aspettavo questa notizia da 14 anni».
Il boss è stato sorpreso all’ora di pranzo a Casal di Principe, dieci minuti a piedi dal suo paese natale: San Cipriano d\’Aversa. Era ospite nella villetta di un muratore incensurato, Marco Borrata, 43 anni, arrestato per favoreggiamento, che con la sua famiglia provvedeva alle esigenze logistiche della primula rossa. La famiglia del suo faccendiere era seguita da tempo dagli uomini della squadra speciale della polizia che da tre anni era sulle tracce del padrino: molti rifugi caldi scoperti dalle forze dell\’ordine a Casal di Principe, era riconducibili proprio alla famiglia Borrata. La villetta a due piani, alla fine della V traversa di via Cavour, non era l\’abituale nascondiglio di Iovine. Ma ieri gli investigatori hanno avuto sentore che il boss fosse presente tra quelle quattro mura completamente abusive. Fiuto investigativo corroborato da un\’intercettazione telefonica molto particolare: qualche ora prima della cattura, in una telefonata si sollecitava l\’acquisto di un panettone. Una richiesta strana in un periodo ancora lontano dalle feste natalizie e così è scattato il blitz. Una trentina di agenti, col supporto dei militari dell\’Esercito, hanno circondato la zona. Poi l\’irruzione: in quel momento Iovine aveva appena finito di pranzare e chiacchierava con un uomo. Ha cercato di raggiungere una scala a chiocciola che porta ad un terrazzo, ma il suo tentativo è stato vano. Chi lo ha bloccato gli ha chiesto subito i documenti, lui ha abbozzato un sorriso: «Documenti? Voi sapete bene chi sono io», e ha consegnato i polsi.
Lo cercavano dal 1996 e negli anni di macchia ha collezionato un ergastolo – nel famoso processo Spartacus – e tanto potere, visto che con Michele Zagaria, ultima primula rossa dei Casalesi, ha condotto gli affari della cosca. Stando al lavoro degli investigatori, Iovine non si sarebbe mai allontanato dal suo territorio: solo qualche rapido viaggio d\’affari a Roma, in Toscana e in Francia. Circolava liberamente per Casal di Principe, ma la sua era una presenza discreta. Niente codazzo di mercenari: solo un uomo di fiducia che lo scortava quando era necessario. Del resto l\’ultima fotografia che lo ritrae risale a venti anni fa ed era quindi difficile individuarlo dal momento che ora è quasi irriconoscibile.
«L\’esperienza ha insegnato ai latitanti a muoversi con grande circospezione e adottando numerosissimi accorgimenti», ha detto il procuratore aggiunto Federico Cafiero De Raho. Unica trasgressione il Superenalotto, visto che sul comodino della stanza che lo ospitava sono state ritrovate diverse ricevute di giocate. Certo, nel triangolo di Gomorra formato da Casal di Principe, San Cipriano d\’Aversa e Casapesenna, Antonio Iovine ha potuto godere anche di numerosi appoggi. Tanto che il procuratore della Repubblica di Napoli Giovandomenico Lepore non ha esitato ad affermare che se Iovine «è stato catturato a Casal di Principe, vuol dire che la gente del posto gli ha dato una mano. E questo rappresenta una nota amara».
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