di Ivan Cimmarusti (BariSera.net)
Francesco Di Palo torna a casa. Il testimone di giustizia, che sta dando un contributo alle indagini del pm Desirèe Digeronimo sulla mafia altamurana, si era allontanato volontariamente il 28 dicembre scorso. Secondo indiscrezioni, sembra che l’uomo sia stato per alcuni giorni in Spagna e abbia intenzione di abbandonare il programma di protezione e lasciare definitivamente l’Italia con tutta la famiglia.
La decisione sarebbe stata presa per scarsa fiducia nelle istituzioni. A giorni, comunque, sarà fissato un incontro al ministero dell’Interno per discutere della situazione di Di Palo e della sua volontà di abbandonare il programma di protezione.
Intanto ad Altamura, dopo i recenti incontri che hanno raccontato alla cittadinanza la mafia, saltano fuori nuove dichiarazioni del sindaco Mario Stacca e del suo assessore alla Cultura, Giovanni Saponaro.
Le dichiarazioni del sindaco Mario Stacca
Nel corso del consiglio comunale del 14 dicembre scorso, infatti, Stacca ha affermato, testualmente, che “stiamo venendo fuori da determinate illazioni, che non so per quale motivo tutti quanti con grande entusiasmo e grande gioia ci siamo tuffati nel raccontare. Bugie su bugie sulla comunità altamurana, sui nostri altamurani, sui nostri imprenditori, sui nostri concittadini….Il buio era dipendente dalla cattiveria di tanti che vomitavano falsità su una comunità sana qual è quella altamurana”.
Si tratta, dunque, di dichiarazioni che contrastano fortemente con le indagini della Procura della Repubblica di Bari, che indaga, tra le altre cose, proprio su un’importante fetta dell’imprenditoria altamurana, qual è quella della famiglia Columella. Le dichiarazioni del primo cittadino della città murgiana, inoltre, contrastano anche con quelle più volte dette in pubblici incontri del procuratore capo Antonio Laudati, che ha parlato di commistione tra mafia e politica ad Altamura. Senza ricordare, poi, le relazioni semestrali 2008 e 2009 della Direzione investigativa antimafia, che parlano del defunto boss Bartolo Dambrosio (ucciso il 6 settembre scorso per presunta mano del clan Loiudice), come un criminale che era riuscito a penetrare nel tessuto imprenditoriale e politico cittadino. Dei legami tra l’imprenditoria e la mafia, tra l’altro, ne fa cenno anche la moglie del defunto boss Dambrosio. La donna, Valeryia Hiblova, ha affermato in un verbale rilasciato al pm Digeronimo che “mio marito era agente di commercio, aveva una sua rappresentanza, ultimamente si era messo con S.T., grosso imprenditore altamurano operante nel settore edilizio, al quale procurava ed organizzava le squadre di operai impegnate nei vari cantieri nel territorio nazionale, prendendo una percentuale dell’appalto”. Ma non solo, perché la donna si è spinta oltre, ritenendo che “non escludo che l’omicidio di mio marito possa avere relazione con l’attività lavorativa svolta per conto di S.T.. Pur non avendo conoscenza diretta, ritengo che mio marito possa aver cercato squadre di operai in territori di competenza di altri gruppi delinquenziali od ancora possa aver stretto contratti con altre aziende suscitando magari gelosie nel campo della malavita”.
Le dichiarazioni dell’assessore Giovanni Saponaro
Sulla mafia ad Altamura, una parola l’ha spesa anche l’assessore alla Cultura Saponaro. Secondo la sua visione dei fatti, raccontata nel corso di un incontro pubblico del 28 dicembre scorso (giorno della scomparsa del testimone di giustizia Di Palo), ha affermato che c’è stata una “strumentalizzazione dei mezzi d’informazione”, finalizzata a infangare l’immagine positiva di Altamura.