\"\"di Massimo Pisa (da MilanoRepubblica.it)

Ritenuto dai carabinieri il capo della \’locale\’ di Bollate, a luglio era sfuggito al blitz scappando in extremis dalla sua villa bunker. Gli investigatori lo hanno sorpreso a San Giuliano Milanese.

Seguire le donne, fiutare i passi dei familiari. La vecchia regola investigativa, applicata alla lettera dai carabinieri del gruppo di Monza guidati dal colonnello Giuseppe Spina, ha permesso di mettere le manette al più importante latitante di ‘ndrangheta sfuggito alla maxioperazione “Infinito” del 13 luglio scorso. Vincenzo Mandalari, 50 anni, catanzarese di Guardavalle e capo della “locale” di Bollate, è finito in manette alle 18 di venerdì scorso. Gli investigatori lo hanno pizzicato a San Giuliano Milanese: andava a un appuntamento con la moglie, uno dei tanti dopo quella fuga precipitosa dalla sua villa-bunker di via San Bernardo, a Bollate, un fortino protetto da muri e telecamere in cui venne catturato il fratello Nunziato.

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Lui, il figlio di Pino, uno dei fondatori della “Lombardia” (il coordinamento regionale delle famiglie calabresi) all’inizio degli anni Ottanta, era riuscito a rendersi irreperibile, ma non era sparito. Anzi, si era fatto vivo a metà settembre, tramite il suo avvocato Manuel Gabrielli, per contestare la confisca dei beni ordinata dalla Procura di Milano — al massimo, sosteneva il boss, ne avrebbero potuti sequestrare per 240mila euro, frutto delle contestazioni per estorsione — e, contemporaneamente, fugare le voci che lo davano per morto ammazzato, vittima di lupara bianca. Era vivo, invece, don Enzo. Ai carabinieri non ha opposto resistenza. In tasca aveva una carta d’identità vera, non contraffatta, con un’identità genuina e la propria foto. Era per strada, gli investigatori stanno setacciando le basi della sua latitanza ed eventuali indagati per favoreggiamento. Mandalari ha dormito le ultime due notti nel carcere di Opera.

Contava, il capobastone di Bollate, e molto. Era stato abilissimo a superare indenne la tempesta che aveva travolto a suon di revolverate Carmelo “Nunzio” Novella, concittadino e diretto superiore di Mandalari, l’uomo che stava forzando la mano alle famiglie di Platì, San Luca e Siderno con i suoi progetti indipendentisti. «Le disposizioni le voglio prendere da compare Nunzio — aveva raccontato Mandalari, intercettato al massimo della parabola di Novella, che pure era in carcere — lui è stato un padre per me. Se è fermo Nunzio Novella è ferma tutta la società del mondo. Non si ferma mai un boss di questo calibro. Boss di noi tutti». Capace di sfidare Cosimo Barranca, il capo della locale di Milano, e vincere momentaneamente. Finché, inviso ai vecchi padrini di giù e ai boss rampanti di su, un giorno di metà luglio, un mese dopo la scarcerazione, Novella venne freddato a revolverate in un bar di San Vittore Olona.

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«Lui è finito — gli aveva predetto il boss Mimmo Focà — la provincia lo ha licenziato». E Mandalari, uomo potente e rispettato, si adeguò alla legge del più forte, cambiando cavallo e scalando il vertice della “Lombardia”. Tanto da essere lui, don Enzo, a officiare insieme a Pino Neri il celebre summit di ‘ndrangheta del 31 ottobre 2009, al circolo per anziani “Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano, sotto gli occhi delle microtelecamere dei carabinieri. Lui, don Enzo, a chiamare l’appello per l’elezione del nuovo reggente lombardo, «un uomo che rappresenta a tutti», la carica di Mastrogenerale che finirà sulle spalle di Pasquale Zappia. Lui, Mandalari, ad alzare per primo il calice per gli auguri dopo la nomina, seguiti da un brindisi più ristretto, a fine serata con Pino Neri, «alla salute di quella buonanima che non c’è più personalmente».

Sentimenti, minimalismo negli affari, politica. Perché Mandalari, oltre a governare il territorio negli appalti sul movimento terra e nelle discariche abusive, guardava già all’Expo, o meglio alle sue briciole. E ne parlava (ascoltato) con un ex assessore di Bollate, Francesco Simeti, poi sospeso da Sinistra e libertà: «Tu sogni che tutto l’Expo di Rho pensavi di farlo tu! Non stiamo pensando a questo! Noi stiamo pensando ad andare a mettere i chiusini!». E nei suoi sogni di grandezza («C’è stato un momento in cui ad Assago comandavo io», dirà ancora al telefono) aveva già messo in conto una lista civica. «Destra o sinistra, non è importante, a livello locale»

Lettera al boss Mandalaridi Giulio Cavalli

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