di Simona Ballatore (tratto da Il Giorno)
Al via a Milano il processo contro le cosche della \’ndrangheta radicate nel Nord Milano al centro dell\’operazione \”Infinito\”. Invito a Paderno per il testimone di giustizia Pino Masciari, che ha rifiutato di sottostare alla mafia
Paderno Dugnano, 11 maggio 2011 – Inizierà quest’oggi, a Milano, il processo contro le cosche della ‘ndrangheta radicate nel Nord Milano e al centro dell’operazione «Infinito», la maxi operazione che nel mese di luglio ha fatto tremare il mondo della criminalità organizzata.
Sono 39 gli imputati che hanno scelto il rito ordinario. E all’orizzonte c’è anche un secondo processo, con rito abbreviato, per altre 119 persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta. Inizierà il 9 giugno. Tra le persone che saranno giudicate dal gup di Milano, anche Pasquale Zappia, eletto a capo della «Lombarda» in occasione del summit del 31 ottobre 2009 nel centro Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano.
Ed è proprio nella Paderno offesa dalla «cena dei boss» che vuole nascere il «riscatto», un appello al coraggio e una presa di consapevolezza lucida di quanto è avvenuto non solo il 31 ottobre, non solo nei cantieri delle grandi opere pubbliche dell’hinterland, ma nel tessuto sociale ed economico. Per capire i meccanismi attraverso i quali la ’ndrangheta riesce ad allungare i suoi tentacoli e per dimostrare come sia necessaria una presa di posizione contro l’omertà, è stato invitato in città Pino Masciari, testimone di giustizia.
A promuovere l’incontro le Acli, con il coinvolgimento delle associazioni che hanno aderito alla «rete della legalità». Inserito nel programma di protezione per 13 anni, l’altra sera Pino Masciari è arrivato nell’auditorium delle Tilane accompagnato dalla sua scorta. Nel 1997 denunciò con forza le pressioni della criminalità organizzata nei confronti della sua impresa edile: da quel momento, insieme alla sua famiglia ha vissuto in luoghi segreti e combattuto contro la malavita.
Una testimonianza toccante che ha scosso i presenti. Masciari ha parlato della sua vita – raccolta nel libro scritto con la moglie «Organizzare il coraggio» – della paura, delle intimidazioni ma anche della decisione di non sottostare ai ricatti delle ’ndrine. Grazie alla sua testimonianza sono stati arrestati una cinquantina di esponenti. «Iniziano piano piano, chiedono il 3 per cento, arrivano al 6. Voi cosa avreste fatto?».
Il silenzio imbarazzato dal pubblico. «Io non ho pagato». Schiena dritta, occhi commossi ma anche voce ferma. E un appello forte: «Testimoniare è un dovere. Non è killer solo chi preme il grilletto ma anche chi si volta dall’altra parte. C’è una mentalità mafiosa da cambiare che parte dai privilegi, dalle raccomandazioni. Bisogna investire sulla scuola e avere coraggio». Si è parlato del contesto locale sì.
Ma non solo. «Quello che è successo deve servire per andare oltre, deve essere un’occasione per un riscatto morale. É sempre più difficile portare la gente dove c’è realmente il problema, l’ultimo a sapere della malattia è il malato».
E dalle associazioni, i primi segnali di una città che vuole reagire: «Abbiamo proposto questo incontro per avere la lucidità di leggere quanto successo ma anche l’energia per mettersi in cammino — spiega Giovanni Giuranna dell’Acli —. È un primo passo. Volevamo farlo nelle sale del Centro Falcone e Borsellino per dare un valore ancora più simbolico ma non è stato possibile perché è ancora chiuso. Ma non vogliamo polemiche. Vogliamo ripartire con una testimonianza forte». E lo stesso Masciari è pronto anche a tornare.