\”Calabria, il prezzo della dignità. Un imprenditore contro le cosche, nonostante le ambiguità dello Stato\”
Uno spaventevole libro questo scritto da Pino Masciari, firmato anche dalla moglie Marisa: Organizzare il coraggio. La nostra vita contro la ‘ndrangheta (AddEditore). E’ la storia di un imprenditore dell’edilizia di Serra San Bruno , un paese tra l’Aspromonte e la Sila, conosciuto per l’abbazia tra i boschi dei frati certosini dove, secondo una diceria, sarebbero stati ospiti il grande scienziato Ettore Majorana, sparito nel nulla nel 1938, e uno dei piloti del B-29 che sganciò l’atomica su Hiroshima angosciato da quell’orrore.
Un uomo di grande coraggio, a dir poco, Pino Masciari. Figlio di un costruttore, segue il cammino del padre. È appassionato, crede nel suo lavoro, ha successo. Apre cantieri in Italia e all’estero, la ‘ndrangheta si accorge alla svelta che la sua ditta è solida, ha contratti e appalti per miliardi. Comincia l’assedio. I primi tentativi di circonvenzione sono morbidi, partono da un innocente invito a prendersi un caffè al bar. Ai ‘ndranghetisti bastano poche parole per farsi intendere, chiedono percentuali sugli appalti, impongono assunzioni di manodopera, esigono la chiamata di ditte amiche per il movimento terra, l’acquisto del cemento, degli impianti elettrici.
Tutti gli imprenditori – non è vero quel che viene detto – in Calabria pagano il pizzo. Se qualcuno tentenna cominciano gli avvertimenti, le bombe, gli incendi, la sistematica distruzione degli impianti e le somme richieste per ottenere l’autorizzazione a lavorare si moltiplicano. Poi cominciano le minacce portatrici di morte.
Negli ultimi decenni la ‘ndrangheta è diventata la più potente delle organizzazioni criminali sopravanzando Cosa nostra. La sua pericolosità è somma, non soltanto in Calabria, ma in tutto il Nord d’Italia, soprattutto a Milano, in vista dell’Expo 2015. E in molti Paesi fuori d’Italia. I figli dei rozzi padri raffigurati con la lupara in mano hanno studiato nelle migliori università nazionali e straniere, posseggono lauree e dottorati, hanno esperienza di problemi finanziari intricati e sono quindi più temibili. Se si leggono le cronache e i libri della fine degli anni Settanta e le sentenze recenti si può verificare la continuità delle famiglie, forza della criminalità calabrese. I nomi sono gli stessi. La ‘ndrangheta di oggi, più di quella di ieri, è capace di creare i rapporti che contano, una ragnatela spesso più forte dello Stato, formata da uomini della politica, dell’economia, della massoneria, della magistratura, della pubblica amministrazione.
Il libro di Pino e di Marisa Masciari, scritto con limpidezza, è impressionante e vale come sofferta testimonianza più di tanti convegni gonfi di inutili parole. Masciari – è nato nel 1959 – racconta tutto quello che ha visto e vissuto. È sposato con due bambini piccoli, sua moglie, essenziale nella sua caparbia resistenza, è un medico dentista. Cominciano presto le intimidazioni, le pretese di ogni genere, le violenze.
Masciari subisce furti, danneggiamenti, visite di uomini mascherati e armati e agli inizi paga anche lui le tasse criminali. Ma la situazione si fa sempre più grave. Lavora senza venir pagato, ha appalti importanti nazionali e stranieri, pubblici e privati, ma le banche, conniventi, interrompono il credito e gli consigliano di rivolgersi agli usurai. Denuncia quel che gli sta succedendo alle autorità giudiziarie. Senza risposte. Lo Stato è assente, qualche volta colluso, nemico. La ‘ndrangheta è padrona.
Intermediari di uomini politici pretendono soldi, i magistrati di certe procure sono ostili, i dirigenti dell’Istituto autonomo case popolari che gli hanno commissionato incarichi di rilievo gli strappano davanti agli occhi le ricevute dello stato avanzamento lavori, indispensabili per i pagamenti. Ha alle sue dipendenze un centinaio di muratori, tecnici, geometri. Come pagarli?
Pino Masciari decide di non cedere più. Acquista un piccolo registratore, accumula prove. Il 22 novembre 1994 parla con il maresciallo dei carabinieri di Serra San Bruno di cui si fida, poi con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia: dice quel che ha subito, fa nomi e cognomi. Tutto è documentato da registrazioni, conti correnti bancari, fotografie. Nell’autunno 1995 entra nel Programma speciale di protezione. Deve lasciare l’amata Calabria, la sua casa, la madre, tutto. Un addio straziante. Taglia i ponti col mondo, è solo, all’avventura. Non tornerà più a vivere nella terra dov’è nato.
Comincia un’altra odissea. Da una cascina nei dintorni di Ravenna a Mestre a Vicenza a Rovereto, in altri luoghi, in case fredde, sporche, insicure. Il servizio è spesso inefficiente, l’organizzazione precaria, le inadempienze quotidiane, la protezione ha grosse falle. Una volta – sono cominciati i processi dove ha l’obbligo di testimoniare – viene pericolosamente abbandonato per più di un giorno in un isolato villaggio vacanze calabrese. Un’altra volta un tenente gli dice: “Masciari, lei rischia la vita, chi glielo fa fare?”. E’ quel che pensano in molti.
Un inferno. Ma le sue testimonianze sono inattaccabili, i suoi persecutori vengono condannati dai tribunali. Continua a essere un uomo nudo, privo di diritti, di documenti, che arriveranno dopo un anno, senza la patente e la tessera sanitaria, trattato spesso comune un “pentito”, non come una vittima, come un cittadino che si ribella perché crede nella legge. Non molla mai, consapevole e fiero. La sua impresa di costruzioni è stata fatta fallire per una modestissima insolvenza. Masciari ha imparato intanto a decifrare gli incomprensibili documenti burocratici, non si arrende. Dopo anni entrano nel gioco la Commissione parlamentare antimafia, il Tar del Lazio, i ministeri, non sempre benevolmente. Nel 2010 Masciari viene fatto uscire dal Programma di protezione. Tra incomprensioni, dilettantismi, comportamenti ambigui di non pochi “servitori” dello Stato.
Poi ci sono gli altri. I nuovi amici, i ragazzi di “Libera”, soprattutto, don Ciotti, quando vengono a sapere. È come se adottassero la famiglia Masciari. Diventano rapidamente migliaia, creano un blog (www.pinomasciari.it). Non soffrono più la solitudine e la paura, Pino e Marisa. Sono quei ragazzi la loro scorta efficiente, adesso. L’altra Italia. Ma com’è stato alto il prezzo della difesa della legge, della Costituzione, della dignità, se lo Stato non funziona come dovrebbe.
(Articolo pubblicato sul Corriere della Sera l\’11 febbario 2011)
Aggiornamento sull\’articolo del Corriere della Sera
\”In merito all’articolo apparso oggi sul Corriere della Sera, vorrei soltanto precisare che nel 2010 ho concordato la conclusione del Programma Speciale di Protezione in comune sintonia con il Ministero dell’Interno, dando cosi inizio ad una nuova fase della vita mia e della mia famiglia, con le Istituzioni e la società civile al mio fianco. Quando istituzioni e società civile si assumono le proprie responsabilità lo Stato vince. In questo credo e continuo a credere ed è per questo che sono certo che la mia vicenda si concluderà con la giusta reintroduzione sia in ambito lavorativo che sociale ed umano\”.
Giuseppe Masciari
Una risposta
[…] merito all’articolo apparso oggi sul Corriere della Sera a pag. 48, vorrei precisare che nel 2010 ho concordato la conclusione del Programma Speciale di Protezione […]