\”E\’ colpa della crisi, non dei cittadini: è questo il messaggio che deve arrivare a chi di dovere. A nessuno piace essere moroso, a nessuno piace subire l\’onta di un debito non pagato. Dobbiamo aiutare chi non ce la fa e non lasciare nessuno indietro.
A questa città che mi ha saputo accogliere io chiedo di essere più tollerante e di mettere in campo azioni e misure per sostenere la povera gente che, vittima della crisi, non riesce più ad onorare i propri impegni\”.
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Fonte: La Repubblica – Torino capitale italiana degli sfratti per morosità. I dati diffusi ieri dal ministero degli Interni rendono ufficiale quel che gli osservatori sospettavano da tempo. I casi di famiglie che perdono l\’alloggio perché non sono più in grado di pagare l\’affitto sono in aumento significativo. Una tendenza nazionale, come dimostrano i dati diffusi ieri dal ministero degli Interni. Ma a Torino quella tendenza già grave diventa drammatica. Nel 2011 gli sfratti per morosità a Torino sono stati 2.343, molto superiori a quelli di Napoli (1.557) e di Milano (1.115).
Soprattutto, il rapporto tra numero degli sfratti e numero degli abitanti fa salire Torino in cima a questa classifica superando anche Roma, dove pure nel 2011 le famiglie che hanno perso casa per incapacità di pagare l\’affitto sono state 4.678. A Torino infatti gli sfratti per morosità sono stati uno ogni 360 abitanti, quasi il doppio di quelli di Roma e Napoli (uno ogni 600 abitanti) e quasi quattro volte quelli di Milano (uno ogni 1.200 abitanti).
La tendenza torinese è la spia di una situazione molto difficile che la politica è chiamata a non sottovalutare. Elide Tisi, assessore alle politiche sociali e alla casa, è la persona che, con risorse assai limitate, deve far fronte ai drammi individuali e familiari che stanno dietro le statistiche. Secondo Tisi, \”uno dei motivi che portano Torino in testa a questa classifica è il fatto che la nostra città ha uno degli indici più alti di alloggi in affitto\”.
Ma l\’aumento degli sfratti per morosità, che sono saliti di molto negli ultimi anni, è anche il sintomo delle difficoltà economiche legate alla crisi della grande industria: \”Abbiamo osservato un rapporto quasi diretto tra le difficoltà della grande industria e l\’aumento del numero di coloro che si rivolgono ai servizi sociali della città\”, spiega Tisi. A dimostrazione del fatto che, nonostante la sovraesposizione mediatica delle cosiddette Pmi (le piccole e medie imprese), il cuore dell\’economia della città continua ad essere nelle grandi aziende che da sole occupano il 53% degli addetti. Due anni di cassa integrazione alla Fiat, con le conseguenze che hanno sull\’indotto dell\’auto, sono stati sufficienti a prostrare il tessuto sociale della città: \”Da mesi – sottolinea l\’assessore – collaboriamo con la Caritas e le associazioni che si occupano del disagio sociale per tentare di risolvere i casi più difficili. Stiamo cercando di coordinare gli interventi, pur con le scarse risorse a nostra disposizione. Ci rendiamo conto che la situazione è molto difficile e speriamo che il nostro piano di interventi dia i suoi effetti. Le stesse modifiche all\’Imu sono state dettate dalla necessità di tener conto di queste difficoltà\”.