Sono trascorsi 8 anni da quel ferragosto del 2007 della strage di Duisburg, in Germania, ma da allora nel sistema giudiziario tedesco niente è cambiato, il reato di associazione mafiosa (416 bis) non è previsto come non lo è in tutta Europa (tranne ovviamente l\’Italia). Si calcola che nella sola Germania vi siano circa 1200 affiliati che operano nella gestione del riciclaggio di denaro, droga e racket. Ma tutto questo per la magistratura tedesca passa quasi inosservato, come trattasi di \”semplice\” esportazione temporanea di un sistema mafioso solo ed esclusivamente italiano. Forse quando queste nazioni, come anche la Svizzera, si sveglieranno da questo torpore giudiziario, potrebbe essere troppo tardi per poter arginare i danni di questo \”cancro sociale\” che non fa\’ distinzione per nessuno, imprenditoria e politica estera compresa!
Ndrangheta Germania 1200 affiliati ma il reato mafia non c’è
Gli arresti del 7 luglio scorso in Germania eseguiti su impulso della procura di Reggio Calabria (per non parlare della strage di Ferragosto 2007 al ristorante Bruno a Duisburg) non ha completamente convinto i tedeschi del problema rappresentato dalla ventina di clan presenti suol territorio, dei 1200 affiliati ‘ndranghetisti, a volte concorrenti.
“La ‘ndrangheta ‘fantasma’ della Germania” – è il titolo di un articolo di Roberto Galullo sul Sole 24 ore – si deve non solo a una percezione diffusa ancora non matura per comprenderne il fenomeno della clonazione in Europa della struttura ‘ndranghetista, ma anche al fatto che il codice tedesco non contempla il reato di “associazione mafiosa”. Per procedere ai 10 arresti e fornire una giustificazione accettabile per i magistrati tedeschi riluttanti, è stato studiato l’escamotage della transnazionalità.
Sottolinea il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, che “il 416 bis, e cioè l’associazione per delinquere di tipo mafioso, non è previsto in Europa. Abbiamo legato così l’indagine ad un reato transnazionale consumato in Italia, a San Luca e Fabrizia, con le articolazioni diffuse in Germania e in Svizzera. Quando gli affiliati all’organizzazione si spostavano dalla Germania a Rosarno ed a Fabrizia, si confrontavano sempre con Domenico Oppedisano, il capo crimine della provincia. E’ a lui che dovevano fare riferimento ed era lui che doveva accettare o meno l’apertura o la chiusura di nuovi locali all’estero”.
«Abbiamo avuto non poche difficoltà a convincere la magistratura tedesca e la Bka della necessità di approfondire gli elementi che noi avevamo tratto dalle conversazioni registrate in una bocciofila» ha sottolineato il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, mentre il procuratore capo, Federico Cafiero De Raho ha aggiunto: «Nonostante questa indagine dimostri come la ’ndrangheta sia ormai presente a livello internazionale, all’estero non c’è ancora consapevolezza sulla necessità di portare il contrasto oltre i confini italiani». (Roberto Galullo, Il Sole 24 Ore).
L’operazione, chiamata “Rheinbrücke”, rappresenta la naturale prosecuzione dell’operazione “Helvetia” che aveva fatto luce sulla presenza di alcuni esponenti della ‘ndrangheta in Svizzera. Ha trovato così sostanziale conferma l’esportazione del modello ‘ndranghetistico in Svizzera e Germania, dove, secondo quanto è emerso dall’inchiesta, l’organizzazione criminale è stata “clonata” realizzando strutture analoghe a quelle tradizionalmente tipiche del territorio calabrese e con evidenti stretti legami di dipendenza con l’organismo di vertice in Calabria.