Non siamo nel profondo sud da sempre \”etichetta\” dell\’originalità mafiosa ma in Piemonte, in quel nord Italia dove ancora ci si illude che le mafie, ed in questo caso la \’ndrangheta, non abbiano piantato saldamente le proprie radici. Il modus operandi non cambia ma anzi peggiora, passando dalle intimidazione verbali a più macabre azioni come quella di recapitare alle vittime designate delle teste di maiale mozzate. le mafie alzano il tiro mentre chi preposto abbassa la guardia preso da ben altri, più futili problemi. Sembra quasi che ci si stia abituando al terrore, alle quotidiane morti violente come se tutto ciò debba essere o diventare la normalità. Il cinema ci ha abituato a vedere pellicole dove il ricco vive in un livello superiore, privo di violenza e invece il semplice cittadino obbligato a convivere con la supremazia del più violento e del più furbo. E\’ a questo che i nostri governanti ci stanno portando a diventare?
‘Ndrangheta a Torino, teste di maiale mozzate e omertà delle vittime. I boss: “Qui comandiamo noi”
Bische estorsioni i business dei fratelli Crea, fuggiti dalla Calabria per una faida e trapiantati nel capoluogo piemontese dal 2001. La macabra intimidazione a un imprenditore che si rifiutava di sborsare 100mila euro per \”mantenere i detenuti\”. Ma nessuna delle vittime ha denunciato spontaneamente.
“Lo sapete, no? A Torino comandiamo noi”. Questo è il biglietto da visita con cui i fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, 45 e 42 ani, si presentavano alle loro vittime. I due ‘ndranghetisti originari di Stilo (Reggio Calabria), arrivati in Piemonte nel 2001 fuggendo da una faida, sono esponenti del “crimine”, braccio armato dell’organizzazione calabrese in Piemonte, e non sono stati indeboliti dalle operazioni della Dda come “Minotauro” e “San Michele”, ultime in ordine di tempo. Anzi. Dal loro ritorno in libertà tra il 2014 e il 2015 avevano formato un nuovo gruppo con forze fresche, subito impiegate nelle bische clandestine e nelle estorsioni. All’alba di giovedì, però, sono tornati in carcere insieme a Luigi Crea (figlio di Adolfo), a loro cugino Mario e altre 16 persone. Il nucleo investigativo dei carabinieri, guidato dal comandante Domenico Mascoli, li ha arrestati nell’operazione chiamata “Big Bang” su ordinanza del gip Anna Ricci.
Quella frase, pronunciata ai tavoli del “Babylon”, ristorante del centro storico frequentato anche dai calciatori di Serie A, era rivolta a un imprenditore a cui Aldo Cosimo Crea – libero dal febbraio 2014 – chiedeva 100mila euro per mantenere i detenuti. Lo ha raccontato la vittima al sostituto procuratore Paolo Toso. Il 16 ottobre 2014 l’uomo aveva ricevuto a casa una scatola con dentro la testa di un maiale (nella foto): “La prossima volta mettiamo la tua testa”, era scritto nel bigliettino che l’accompagnava. “Ho paura per me e per la mia famiglia ed è proprio per questo motivo che sto cercando di spostare i miei interessi personali, professionali e familiari all’estero”, ha detto l’uomo agli investigatori spiegando le ragioni per cui non voleva denunciare. Anche un commerciante cinese era della stessa idea: “Non volevo fare denuncia – ha detto al pm -, non è nella mia mentalità”. L’asiatico, però, è stato l’unica vittima a presentarsi spontaneamente alle forze dell’ordine dopo un’aggressione fisica.